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Otto Marzo, la Giornata delle Donne. Uno sguardo sulle figure femminili della musica, tra le origini e il Cinquecento

Pubblicato il 08/03/2021

Anno Domini 2021. Questo Otto marzo si affaccia in un mondo stravolto dalla pandemia che si trova a fare i conti, tra le altre cose, ancora una volta, con uno spinoso argomento: le donne e i diritti. Come ha già detto Angela Merkel – nel video messaggio diffuso in occasione della Giornata internazionale della donna dell'8 marzo – “dobbiamo assicurarci che la pandemia non ci porti a ricadere in vecchi modelli di genere che pensavamo di aver superato”. Quasi un secolo è passato da quando le donne hanno ottenuto il diritto al voto in Italia (era il 1925), eppure ancora molta strada è rimasta da fare.


L’idea di una giornata internazionale della donna nasceva ben prima, nel 1909, su iniziativa del Partito Socialista americano, e l’anno successivo la proposta veniva accolta da Clara Zetkin a Copenaghen durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste. Però è solo dal 1921, in occasione della Seconda conferenza delle donne comuniste tenutasi a Mosca, che “viene proposta e approvata un’unica data per le celebrazioni, in ricordo della manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo (1917)”.

Al di là delle questioni politiche e storiche, questa ricorrenza ci permette di puntare la luce su un argomento assai poco affrontato (sia dal punto di vista musicale che storico), ovvero la presenza femminile nella Storia della Musica, dalle origini al Cinquecento. La questione è molto complessa – a seconda dei secoli, coinvolge specifici elementi di carattere sociale e politico – e seppur le donne siano state emarginate a lungo, ci sono esempi di straordinaria creatività. 

Partendo dalle origini della Storia della Musica, durante i primi secoli del Cristianesimo si udirono più vox feminae di quanto gli scritti suggeriscano. Per esempio, la testimonianza del pellegrino spagnolo Egeria (400 d.c. circa) racconta della “salmodia continua” praticata dai ‘monazontes’ (monaci) e dalle ‘parthenae’ (suore) in stile antifonale in una chiesa di Gerusalemme, seppur gli scritti dei Padri della Chiesa dovettero mantenere il ruolo di auctoritas per il controllo sociale e intellettuale. Infatti, mille anni più tardi, nel trattato De institutione feminae christianae (1523) di Juan Louis Vives si ricordava l' 'intollerabile grado di insolenza’ delle donne che “non leggevano o ascoltavano raccontare quelle splendide esortazioni dei Padri della Chiesa riguardanti la castità, la solitudine, il silenzio e l'ornamento femminile e l'abbigliamento”.
In questo contesto, il movimento monastico giocò un ruolo cruciale nella storia della musica femminile durante il Medioevo. La Regola di San Benedetto (530 d.C.) istituì conventi e monasteri (luoghi di conoscenza e di alfabetizzazione musicale, anche per le donne), mentre intorno al 512-34 Cesario (vescovo di Arles) scrisse la prima regola per una comunità femminile. 
© Ildegarda di Bingen con le sue monache, in una miniatura del XIII secolo.


Nel Medioevo, la prima musica sopravvissuta creata da una mente femminile è un insieme di tropari di Kassia (n. 810), rinomata compositrice bizantina. Il risultato più sorprendente dell'epoca appartiene però alla badessa Ildegarda di Bingen, figura di spicco nella cultura del XII secolo e una delle più eminenti mistiche femminili nel XII e XIII secolo. Gli storici ne hanno riconosciuto a lungo l'esistenza, ma solo di recente la sua grandezza: Ildegarda ha creato il più grande corpus di canto monofonico attribuito al Medioevo. 

Altri nomi importanti di religiose al servizio della musica sono quelli di Santa Brigitta di Svezia, nota per il suo Cantus soronum, e della suora olandese Suster Bertken  che pubblicò otto canzoni sacre, la cui melodia sopravvive attraverso la sua concordanza nel Liederbuch di Utrecht. 

Nel periodo tra il 1000 e il 1500, per quanto concerne la musica profana, le donne trovarono spazio in diversi modi: come musiciste e intrattenitrici, scrivendo "canzoni femminili" in lingua romanza; attraverso l’attività amatoriale (sia nella vita sociale urbana che in quella di corte). 
Con la presenza di trouvère femminili, si svela la presenza di trovatori non solo maschili. Ne troviamo testimonianza anche nei romans francesi, dove le eroine hanno avventure in cui oscurano la loro pelle per travestirsi da jougleresses moreschi (per es. in Aucassin et Nicolette) o menestrelles (nei poemi Galeran de Bretagne e Guillaume de Dole). A conferma di ciò, nel 1321 otto donne furono tra le 37 che firmarono lo statuto della corporazione professionale dei menestriers, il cui statuto menziona “menestreus et menestrelles” e “jougleurs et jougleresses”. In Inghilterra, invece, la Musicians' Company di Londra (fondata nel 1472) includeva donne e uomini. Diversi archivi delle corti di Luigi IX, di Borgogna, del Duca di Berry e di Savoia forniscono una conferma simile, menzionando l'impiego di una "cantatrix" o di "chanteresses" e "menestrières".


Durante i primi 500 anni del temutissimo anno Mille, con lo sviluppo della lirica medievale, si giunge anche a un significativo corpus letterario per la rappresentazione dell'esperienza delle donne e dell'amore sensuale, dal loro punto di vista. 

Le canzoni d'amore appaiono come cantigas de amigo in Portogallo, Frauenlieder in Germania e chansons de femme in Francia. Canzoni sulla gravidanza appaiono in Carmina Burana. Le donne nei romans francesi cantavano spesso una chanson de toile, una 'canzone di tessitura' che racconta una storia d'amore non corrisposto. Sebbene queste abbiano contribuito a una minima parte del repertorio totale, la loro presenza è simbolicamente importante. Un aspetto che ha reso difficile l’individuazione di figure femminili nella musica tardo-medievale è senz’altro la regola dell’anonimato (infatti, nel repertorio del XIII è molto difficile trovare nomi di autori).

La scarsa presenza di donne compositrici era dovuta, principalmente, alla loro subordinazione nella società e, la Polifonia, il genere che stava guadagnando maggior spazio nel tardo Medioevo, richiedeva una formazione musicale specifica, che si poteva assimilare durante l’apprendistato con un maestro o all’interno degli organi ecclesiastici. Un cursus studiorum che alle donne non era concessa. 
La mancanza di composizioni attribuite alle donne è stata interpretata talvolta come prova della loro esclusione dalla vita musicale durante il tardo Medioevo. Molti esempi di allusione letteraria e immagini documentano la presenza delle donne nella cultura musicale del tardo Medioevo. Per esempio, è significativo che nel Decameron del Boccaccio le donne musiciste superino gli uomini. La caratterizzazione della musica come elemento elitario sancì la loro formazione su alcuni strumenti (come viella e l’arpa)
In questo periodo, la corte rivestì un ruolo importante per il prestigio del governo feudale e monarchico e, per esempio, alla corte di Margherita di Scozia è stato documentato il lavoro di diverse poetesse, e forse  compositrici.

Alcune nobildonne divennero importanti mecenati musicali: il Canzoniere di Mellon è stato probabilmente preparato come regalo a Beatrice d'Aragona, riflettendo i suoi gusti e interessi. Invece l’Album di chanson di Margherita d'Austria, preparato in seguito alle sue richieste, include una sua poesia e forse anche una sua composizione. Altri mecenati degni di nota sono Maria di Borgogna, Anna di Britanny e, soprattutto, Isabella d'Este. Isabella, in particolare, giocò un ruolo formativo nello sviluppo della frottola, impiegando donne (tra cui Giovanna Moreschi, moglie del musicista Marchetto Cara) come cantanti professioniste alla corte mantovana.

Valentina Trovato

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