Il binomio tra Arte e Musica proviene probabilmente dalla Notte dei Tempi. A differenza di quello che il nostro contesto ci ha lasciato come impostazione culturale, le Arti hanno sempre dialogato tra di loro, facendo parte di un medesimo universo di significati.
Come è ben noto, grandi artisti come Leonardo, Giorgione, Tintoretto, Jean-Auguste-Dominique Ingres e Eugène Delacroix erano anche ottimi musicisti, la cui creazione pittorica era accompagnata dall’imprescindibile compagnia della musica. Per esempio, “Leonardo Da Vinci dipinse La Gioconda in un atelier riempito di musicisti per l’occasione, mentre si dice che Delacroix abbia affrescato la chiesa parigina di Saint-Sulpice con un organo in sottofondo”.
© Paul Klee nel 1911
© Vasilij Kandinskij nel 1913
Nonostante il rapporto tra le due Arti abbia sempre fatto parte delle rispettive Storie, è nel Novecento che la sinergia diventa ancora più intensa, per un motivo in particolare: nel Secolo Breve si fa strada la ricerca dell’inconscio - attraverso lo strumento della psicanalisi - e le strade della sua indagine si percorre attraverso numerosi e molteplici modi.
Questo incrociarsi di strade si ritrova in particolare nei percorsi di Matisse e Kandinskij, passando per Mondrian e Paul Klee. Per loro la musica non fu semplice Musa (anche!), ma lo strumento da cui partire per creare qualcosa che non fosse ‘mimesi della realtà, ma esplorazione di un mondo interiore. Così partendo dalla Musica, si cercò di evocare ritmi e tonalità sulla tela.
Molto probabilmente, nella ricerca espressiva essi tentarono di avvicinarsi a quell’idea di Opera totale (Gesamtkunstwerk) già teorizzata da Wagner nel 1849 nel saggio Die Kunst und die Revolution.
La cosiddetta Pittura astratta che nasceva nel Novecento rinunciò alla rappresentazione della realtà e alla nozione di soggetto in favore della ricerca di una forma pura e scelsero la Musica per dare una forma razionale alla loro ricerca, nel momento in cui si realizza una frammentazione del mondo conosciuto.
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“Addio del passato bei sogni ridenti,
le rose del volto già sono pallenti”.
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Per comprendere meglio questi cambiamenti, ci basta pensare alle esperienze di Paul Klee e Vasilij Kandinskij. Se il primo, nella tela trasmette l’energia della musica che ascolta (per esempio quella del grande Johann Sebastian Bach), il secondo fa un passo ulteriore nella ricerca artistica: "è il primo artista a parlare con continuità della “sinestesia” e del desiderio di creare opere che inneschino un percorso multi-sensoriale in chi guarda. Il pittore diceva di voler catturare il suono interiore degli elementi”.
Secondo Kandinskij, esisteva una dimensione altra che non si poteva esprimere con le parole ma solo con un’arte pura e slegata da classici strumenti. L’idea dell’Astrattismo non coinvolgeva solo idee nuove in ambito artistico, ma anche in quello musicale, e cambiava soprattutto le carte in tavola nel percorso della cultura europea.
Voir l’invisible: per il critico Michel Henry questa era la sintesi dell’Opera di Kandinskij. È una dimensione, appunto, invisibile, fatta di emozioni e di spiritualità, che necessita di un linguaggio proprio, del tutto originale. Ma non solo: ogni oggetto della realtà reca un valore intrinseco che non può essere espresso con una forma che sia uguale per tutti: perché se io vedo un oggetto, posso associargli sensazioni diverse rispetto a quelle che altri proverebbero di fronte a quello stesso oggetto, e poi perché le forme sono legate ai luoghi e alle epoche. Dunque la forma rappresenta lo strumento creativo principale degli artisti e, per usare ancora le parole di Kandinskij, “la forma è l’espressione esteriore del contenuto interiore”. Ogni artista utilizzerà quindi forme che gli sono più congeniali e, si premura di sottolineare l’artista russo, ogni forma è buona per esprimere ciò che l’artista ha dentro di sé...
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Lo spirito dell’artista si specchia nella forma, e la forma porta in sé il modello della personalità dell’artista
”
© 1911, Vasilij Kandinskij Impressione III: Concerto
Il 1912 fu un anno chiave nella riflessione di Kandinskij, quando uscì l'articolo Über die Formfrage (“Sul problema della forma”). Per arrivare a questo, ci furono alcune tappe decisive, in particolare a noi interessa (per le intersezioni tra Musica & Arte) la partecipazione del pittore, il 2 gennaio del 1911, a un concerto del compositore austriaco Arnold Schönberg (Vienna, 1874 - Los Angeles, 1951) a Monaco di Baviera. Il pittore rimase profondamente colpito da quella musica, tanto che decise di dar forma alle sue impressioni in un dipinto destinato a diventare uno dei suoi più celebri capolavori: Impressione III: Concerto.
Sin dal titolo si può rilevare la tendenza del pittore a utilizzare termini tratti dal lessico musicale: impressione, improvvisazione, composizione.
"Il dipinto, conservato oggi presso la Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco di Baviera, è dominato da un grande triangolo nero che si inserisce tra uno sfondo giallo e una serie di forme colorate che si dispongono nei pressi del bordo inferiore: il triangolo nero rappresenta il pianoforte, mentre le forme collocate sulla sua diagonale, in basso a sinistra, sono gli spettatori del concerto".