La Seconda sinfonia di Gustav Mahler, soprannominata La Resurrezione, completata nel 1894, è una delle composizioni più amate ed eseguite del compositore austriaco. Difficile riassumere la grandiosità di quest’opera, la sua potenza trasfiguratrice in un breve testo; affidiamoci dunque alle parole del compositore stesso per introdurla. In una lettera del 17 febbraio 1897 al direttore d’orchestra Anton Seidl, Mahler scrive:
“
“Quando concepisco un grande quadro in
musica, arrivo sempre al punto in cui
devo investire la parola del ruolo di
portatrice della mia idea
musicale. Per me è stato esattamente
così con l’ultimo movimento della
mia Seconda sinfonia; ho cercato nella
letteratura di tutto il mondo, inclusa la
Bibbia, per trovare la parola redentrice…
Per quanto riguarda la natura della
creazione artistica, è per me profondamente
significativo il modo in cui
ricevo l’ispirazione.
”
Questo documento ci parla di due aspetti cruciali del lavoro di Mahler, uno più generale e uno più contingente. Il primo riguarda l’atteggiamento del compositore nei confronti delle sue Sinfonie; per Mahler infatti ogni grande opera è imperniata su un’idea, su uno specifico nucleo concettuale.
Il suo punto di partenza è sempre la forte percezione dell’insieme complessivo, di un effetto generale da ottenere piegando al suo servizio i suoni e le forme musicali.
Durante la gestazione interiore di questa grande immagine possono poi sopraggiungere dei momenti di illuminazione che rendono improvvisamente limpida e chiara la strada da seguire per chiudere materialmente e narrativamente l’opera.
Nella lunga e complessa storia compositiva della Seconda sinfonia questo procedimento è più evidente che mai; nel 1888 Mahler terminò la composizione di un brano orchestrale intitolato Totenfeier (rito funebre). Per cinque anni meditò circa l’opportunità di inquadrarlo come primo movimento di una sinfonia, finché finalmente nel 1893 compose un secondo e terzo movimento da contrapporvi; rimaneva però aperto il problema del finale, per il quale aveva appunto intenzione di utilizzare un coro. Ecco che torniamo all’argomento della lettera: nel 1894 al funerale del suo amico e sostenitore, il direttore d’orchestra Hans von Bülow, Mahler ascoltò l’esecuzione di un corale con testo tratto dal poema di Friedrich Gottlieb Klopstock Die Auferstehung (La Resurrezione), che in quel determinato frangente della sua vita lo colpì dritto al cuore.
La Seconda fa parte delle Wunderhorn Symphonies
La traiettoria della grande Seconda fu dunque decisa in un attimo: dalla morte del Totenfeier alla Resurrezione finale. Un percorso narrativo e spirituale di una portata potenzialmente infinita, che nella sua complessità rispecchia la storia compositiva della Sinfonia, frutto di un accumularsi di singole illuminazioni e di un travaglio interiore che l’appena ventottenne Mahler affrontò con tutta la sincerità e la profondità di sentire che lo caratterizzavano.
In una lettera del 1896 al critico musicale Max Marschalk, Mahler scrive rispetto alla sua dimensione di compositore:
“
In quanto a me, so che non farei certo
musica riguardante la mia esperienza
vissuta finché questa fosse riassumibile
in parole. La mia esigenza di esprimermi
musicalmente, sinfonicamente,
inizia solo là dove dominano le oscure
sensazioni, sulla soglia che conduce
all'altro mondo, il mondo in cui le cose
non si scompongono più nel tempo e nello spazio.
Così come trovo banale
inventare musica su un programma, allo
stesso modo considero insoddisfacente
e sterile voler dare un programma
a un'opera musicale. Ciò tuttavia non cambia il fatto
che l'occasione che ispira un'immagine musicale
è certamente un'esperienza dell'autore,
dunque pur sempre
qualcosa di abbastanza concreto
da poter essere rivestito di parole
”