Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

Le vie d'uscita di Mahler: Angius e Dantone, due visioni a confronto

Pubblicato il 03/11/2023

Marco Angius e Ottavio Dantone saliranno sul podio dell'Auditorium di Milano per dirigere l'Orchestra della Fondazione Arena di Verona, il primo, e l'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, il secondo. In occasione dei concerti in programma il 5 e il 7 novembre i due musicisti di lungo corso si cimenteranno con due lavori rappresentanti la fase più complessa di Mahler, quello della politonalità: la Sesta e la Settima Sinfonia. "Il mio tempo verrà" aveva scritto il compositore in una lettera del 1906, consapevole che quella, nuova, fase compositiva era di difficile lettura per il pubblico.

Dantone e Angius sono due direttori con un background molto diverso e molte cose da dire su Mahler nel 2023. Li abbiamo incontrati in una pausa durante le loro prove per parlare della musica che porteranno in Auditorium!

Maestro Dantone, come è nata la scelta di dirigere la Settima?

O. Dantone Come direttore, questo è il mio primo Mahler. E certamente iniziare con la Settima non è facile. In verità quest’idea che è nata con il Festival Mahler su impulso del Direttore Artistico dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento Giorgio Battistelli. Un giorno Battistelli mi ha detto: “Che ne pensi di dirigere la Settima di Mahler?”

Anche se ho già lavorato sul primo Novecento, in un primo momento ero un po’ dubbioso, sorpreso, poi però ci ho riflettuto e poteva essere l’occasione giusta per mettere alla prova me stesso e alcune convinzioni sull’approccio alla musica. 
Affrontare un lavoro da una posizione "quasi vergine" può permettere di vedere le cose da una prospettiva diversa, che può riservare una lettura che risente di una certa attenzione al dettaglio, alle articolazioni, che io generalmente applico alla musica più antica.
Più studiavo questo pezzo, più mi rendevo conto quante cose Mahler scrive e quante cose si possono dedurre perché non tutto può essere scritto, ma legato all’interpretazione del segno. Questo mi ha stimolato molto nel lavoro con l'orchestra.

Ben diverso è il suo caso, Maestro Angius.

M. Angius Ho diretto gran parte delle Sinfonie di Mahler (a parte la Terza e l’Ottava). Però, non mi era mai capitato di dirigere la Sesta che per me è un'opera ideale perché crea un ponte con la musica moderna e contemporanea. Lo dice Mahler stesso quando termina di comporla, scrive che la Sinfonia apre nuovi scenari che verranno compresi solo molto tempo dopo. Questa frase viene intesa come enigmatica dalla musicologia, io non la trovo così misteriosa studiando la partitura. Perché la modernità di questa partitura si esprime a livello del linguaggio musicale, molto avanzato, che amplia il discorso armonico verso la politonalità. Non dimentichiamo che tra la Sesta di Mahler e la Sagra della Primavera corrono meno di 10 anni. La natura di Mahler è di restare a cavallo del secolo, con un’orchestrazione che richiama i grandi modelli ottocenteschi, ma la realizzazione di questo linguaggio lo contraddice. La mia lettura è fortemente influenzata da quello che rappresenterà piuttosto che la Sinfonia in maniera astratta.

È innegabile il rapporto di Mahler con la Seconda Scuola di Vienna.
M. Angius Esattamente. Dal mio punto di vista sarà una lettura espressionista, che esalti questo aspetto di novità. Quello che distingue Mahler da altri compositori del suo tempo è proprio la sua nevrosi compositiva di trasformare la scrittura musicale in qualcosa di isterico in certi momenti.

 Quando ci sono certe esplosioni a piena orchestra, ma anche i colpi di martello nel finale c’è proprio questa rabbia di gridare al mondo questo disagio. L’aspetto umano e quello compositivo vengono fusi e l’effetto è devastante.
Certamente le due Sinfonie possiedono particolarità che affascineranno il pubblico.
Per esempio, nella Settima Sinfonia, Maestro Dantone, è particolare la presenza dei due Notturni, un retaggio della musica più antica.

O. Dantone I due Notturni sono molto diversi, uno evoca atmosfere montane, agresti, però presenta anche atmosfere quasi esotiche. Mahler ci trasporta nel tempo e nello spazio nell’arco di poche frasi. L’altro notturno è quasi un poema amoroso, comincia in modo appassionato – ricorda quasi il genere della Serenata con violino, ma poi compare il mandolino… - e poi ci sono dei momenti di turbamento. Lo trovo un movimento di un’amorevolezza unica.
Il brano più complicato è per me invece il terzo movimento perché ha questi fantasmi che si agitano nella notte. Sono i turbamenti notturni, con folletti e fantasmi che si agitano. L’ultimo movimento, invece, credo che sia un’apoteosi della gioia.

Invece, per quanto riguarda la Sesta sinfonia, uno degli aspetti più affascinanti rimane la presenza del martello e quei 3 colpi del destino di cui parla Alma Mahler nelle lettere.

M. Angius In verità i colpi di martello sono 2. All’inizio erano numerosi (addirittura 5!), invece nell’ultima versione ne rimangono 2 soltanto. La cosa interessante è che questi colpi oltre a essere un elemento di rottura, di crollo, segnano anche un cambiamento formale nello sviluppo del Finale.

Qualcosa di cui sono molto curiosa è vedere il martello che userete per l’esecuzione del Finale della Sesta. 
M. Angius Il martello è stato creato per l’occasione. Mahler dice di usare il martello come se fosse un’accetta. C’è la metafora del taglio del pioppo che cade sotto i ponti, che non crolla subito ma dopo il secondo colpo. Lui non dice molto di questo martello. Secondo alcuni può essere percosso sul pavimento. È un suono che va ricercato. Lui non vuole un suono che abbia risonanza, ma secco e tagliente. Quindi dev’essere violento – perché si deve sentire nel momento in cui esplode tutta l’Orchestra – però allo stesso tempo deve avere qualcosa di sinistro, quasi che arrivi dall’esterno.

Valentina Trovato

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