Viaggio in Italia è molte cose. È il titolo di un film celeberrimo di Roberto Rossellini (1954) con Ingrid Bergman, una canzone di Ivano Fossati che raccontava di una notte stellata (Una notte in Italia), ma "Viaggio in Italia" è anche il segno della cultura italiana sul nostro tempo, come ci ricorda il direttore d'orchestra Giuseppe Grazioli, che abbiamo incontrato per due chiacchiere sul suo programma
VIAGGIO IN ITALIA che verrà presentato il 19 e 21 aprile in Auditorium.
Giorgio C. Fassi Ad aprile, Maestro, porterà un programma dal titolo "Viaggio in Italia". Come è nato il programma?
Giuseppe Grazioli: Da tempo io difendo la musica italiana, soprattutto quella del ventesimo secolo. Trovo che siamo affetti da un provincialismo acuto e pensiamo che la musica italiana, soprattutto quella sinfonica, sia inferiore a quella dei connazionali europei. Io invece parto dall’assunto che questo non sia vero e che i compositori italiani non siano solamente interessati dall'opera lirica. Sono partito da Massenet, fino a arrivare ai giorni nostri, in un viaggio alla ricerca delle cose più interessanti che si sono evolute nel tempo, ma soprattutto l'elemento di interesse che l’Italia ha rappresentato per i compositori di tutto il mondo.
Giorgio C. Fassi Il programma è molto interessante ed è legato anche alla registrazione di un disco, è corretto?
Giuseppe Grazioli È stato registrato l'estate scorsa un CD per Naxos, interamente dedicato alla musica sinfonica di Franco Alfano. Alfano aveva completato la Turandot di Puccini e molti pensano che tutta la sua attività si sia limitata a quello; in realtà ha scritto molte opere liriche, ha scritto musica da Camera molto bella e anche della musica sinfonica che sarà, penso, una vera scoperta.
© Studio Hanninen
Giorgio C. Fassi Il programma che eseguirete in concerto con la Sinfonica di Milano è abbastanza eterogeneo. Quale difficoltà comporta preparare una formazione orchestrale
in un repertorio così articolato?
Giuseppe Grazioli: Beh, ci vuole un’orchestra che sia permeabile a tutti gli stili, e l’Orchestra Sinfonica di Milano lo è senz'altro sin dalla sua nascita, in quanto è sempre stata abituata a suonare ogni tipo di repertorio (jazz, musica da film, Contemporanea).
Le musiche che eseguiremo non fanno parte del repertorio e quindi presuppongono uno scavo nello stile di autori che non si conoscono bene, non parlo di Čajkovskij, naturalmente, ma di Rossellini o di Alfano. Il caso di Renzo Rossellini, fratello del regista, in questo senso è particolarmente interessante. È un autore che ha avuto un momento di estrema popolarità proprio come musicista classico, ma tutti credono che abbia scritto solamente alcune delle colonne sonore dei film di suo fratello.
La scelta ricadde su Massenet e Cajkovskij, invece, per testimoniare che l’Italia ha un suo sound. L’Italia ha una sua particolarità melodica, un fatto che è sempre stato motivo di grande fascino per i compositori stranieri. Čajkovskij che va a Roma, ascolta suoni per le strade, sente melodie popolari, tarantelle, (vede) la gente urlare per strada, vede la gente suonare per strada, o certi strumenti come il mandolino e la chitarra tipici della nostra tradizione.
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A me piace andare a scavare in questi destini un po' strani dei compositori, di quegli autori che hanno avuto periodi di grande fama, poi caduti nell’oblio...allora capire perché sono caduti nell'oblio, le vicende personali, le mode. Da qui nasce la scelta di certi autori del programma.
G. Grazioli
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Giorgio C. Fassi La Napoli immaginata da Massenet e l'Italia di Čajkovskij sono davvero città con suoni reali? O piuttosto sono riproduzioni di sonorità frutto dell'immaginario comune dei vari compositori?
Giuseppe Grazioli: Tutt’e due direi! Da una parte ci sono vere e proprie citazioni di melodie ascoltate per strada, dall’altro, soprattutto per Massenet - un compositore prettamente operistico - ha cercato anche di dare una scena al suo immaginario dell'Italia, per esempio attraverso l'utilizzo della tarantella. In Italia si è danzato molto, soprattutto per strada, (quindi) una danza per strada è anche una danza che può essere interrotta da una processione; non dimentichiamo che il “colore italiano” è fornito in particolare dall'Italia del Sud, luogo in cui, a partire da Rossini, certi momenti delle feste popolari sono sempre stati di grande fascino. Per esempio, il fenomeno della processione ha sempre colpito i musicisti, perché è un misto di religione, di suoni strani, di coreografie date dal passaggio della processione.
Giorgio C. Fassi Sono i suoni diegetici ed extradiegetici della processione...
Giuseppe Grazioli Sì, è un mondo sonoro rimasto in molte opere, se pensiamo a quante processioni ci sono nelle opere liriche italiane e anche straniere, spesso fatte con bande che si sentono “in Quinta”, non visibili; e (questo) importato nella sala da concerto vuol dire usare strumenti desueti, come le campane che in un rintocco evocano la processione.
Giorgio C. Fassi Parlando dell'inedito di Melchiorre...io immagino che lei abbia avuto un rapporto diretto col compositore. Questo aspetto lo riconosce come un vantaggio nell’interpretazione?
Giuseppe Grazioli: Con Melchiorre ci siamo già sentiti diverse volte. Naturalmente, secondo me è importante che il direttore abbia un rapporto stretto con il compositore, più che altro per un problema di scrittura. In quanto direttore, mi sento in grado di suggerire al compositore, senza cambiare una sola nota, quale tipo di scrittura può essere più efficace in orchestra. Dopodiché penso che le due strade si debbano separare: il compositore deve essere libero di scrivere quello che vuole, e il direttore deve essere libero di suggerire all'orchestra le sensazioni che quel pezzo gli danno, senza che uno sia schiavo dell'altro. Devono essere due mondi che hanno degli obiettivi diversi.