Sergej Sergeevic Prokof’ev nacque il 23 aprile 1891 nel villaggio ucraino di Soncovka, che dopo la Rivoluzione russa venne soprannominato “il villaggio rosso” (Krasnoe Selo). A Waste Land, un luogo sperduto, distante più di 1200 chilometri da San Pietroburgo, e ottocento da Mosca. All’epoca della nascita del compositore, regnava lo zar Alessandro III, Lenin aveva 21 anni e Stalin 11, e i venti della Rivoluzione dovevano ancora giungere per stravolgere ogni cosa.
Il piccolo Sergej crebbe in un contesto raccolto – e forse per questo privilegiato – dove poté comunque ricevere un’educazione colta, diviso fra scacchi, giochi campestri e gli studi di francese e musica. In un ambiente agreste e a tratti bucolico, rappresentarono dei veri e propri eventi l’arrivo di un nuovo pianoforte (marca Schroder) e il primo viaggio a Mosca. Nel 1900, a nove anni, il piccolo Sereza si trovò seduto in un palco del Teatro Solodovnikov, che dopo la Rivoluzione venne accorpato al Bolsoj. Veniva rappresentato il Faust di Gounod, che la madre (particolarmente attenta all’educazione del futuro musicista) aveva scelto in quanto il bambino ne conosceva molto bene il valzer e le marcia. Seguirono altri due capolavori, Il principe Igor e La bella addormentata.
Quell’evento creò nel giovane Sergej una serie di impressioni: “Cominciai a mettere in scena drammi. Le trame erano brutte e includevano invariabilmente un duello con le spade. In termini formali potevano considerarsi commedia dell’arte”.
Innegabilmente, in quel momento scatta la scintilla per il mondo del teatro musicale. A soli dieci anni, nel 1901, si iniziano a muovere le carte del destino: in un altro viaggio a Mosca con la famiglia, ebbe la possibilità di incontrare Jurij Nikolaevič Pomerancev, futuro direttore d’orchestra, il quale lo ascoltò e, cogliendone il talento, organizzò un’audizione con il grande musicista Sergej Taneev.
Taneev era stato un importante compositore, ma all’epoca era anche un importante professore di musica a Mosca, nonché guida di talenti, come Rachmaninov, Skrjabin e Glière. Quest’ultimo sarebbe diventato proprio uno dei primi maestri dell’enfant prodige Prokof’ev, che passò l’estate del 1901 a Soncovka. Tre anni più tardi il giovane compositore sarebbe stato pronto per iniziare il suo percorso studiorum di compositore nella grande San Pietroburgo.
Questi primi elementi biografici ci mostrano come Prokof’ev, nella sua formazione, si inserisca - con la sua vicenda artistica di compositore e pianista straordinario - nella grande tradizione culturale russa, ma a differenza di tanti suoi colleghi scelse la libertà di adempiere alla propria arte, in alcuni periodi, lontano dalla madre patria, nella vecchia Europa e negli Stati Uniti. Questa scelta lo avrebbe reso un musicista internazionale, ma un traditore agli occhi del regime.
Tempi terribili aveva attraversato Sergej Prokof’ev durante la sua vita, come il duro regime sovietico e la Seconda Guerra Mondiale. L’opera che prende il titolo dal capolavoro di Tolstoj, nasce nelle idee del musicista nel 1935 e prende forma qualche anno dopo, proprio nel periodo in cui l’Europa viene messa a ferro e fuoco dal nazifascismo e terminata durante il periodo trascorso a Tbilisi nell’autunno del 1941.
“Lo scopo del mio lavoro a Tbilisi era quello di terminare l’opera Guerra e Pace. Dovevo comporre il quadro della guerra del popolo rosso, delle sue sofferenze, la sua ira, il coraggio e la vittoria, sui nemici che avevano invaso la Russia nel 1812. […] nello splendido palazzo sede della biblioteca di Tbilisi studiammo il folclore, i proverbi, i modi di dire e i canti popolari del periodo. Nell’opera, accanto alle arie e i duetti, occupano un grande spazio i cori dei contadini -soldati, dell’esercito, dei cosacchi e dei partigiani”, così testimonia Prokof’ev del lavoro compositivo di quest’opera magniloquente nel libro “L’artista e la guerra”.