In occasione dell’appuntamento di
venerdì 24 e domenica 26 gennaio, che vede accostati tre autori come
Franz Liszt (
Mephisto Waltz n. 1 S 514),
Nicolò Paganini (Concerto n. 2 per violino e orchestra in Si minore
La Campanella) e
Camille Saint-Saëns (Sinfonia n. 3 in Do minore op. 78), proponiamo una riflessione sulla storia del virtuosismo, saldamente intrecciata con la storia del
Diabolico in musica.
In origine, il termine
Diabolus in musica non era utilizzato in prospettiva di un particolare musicista, ma per indicare un particolare intervallo, il tritono.
L'intervallo in questione risulta uguale alla somma di tre toni interi. Nel temperamento equabile è esattamente mezza ottava e può quindi essere percepito come una quarta aumentata o una quinta diminuita. Fin dagli inizi della polifonia nel primo Medioevo, teorici e compositori hanno modificato il loro atteggiamento nei confronti del tritono e del suo utilizzo più che di qualsiasi altro intervallo.
Il primo uso noto della parola
tritonus si verifica in
Musica enchiriadis, il trattato del IX o X secolo, sebbene non fosse esplicitamente proibito fino allo sviluppo del sistema esacordale di Guido d'Arezzo. Da allora fino alla fine del Rinascimento il tritono, soprannominato
diabolus in musica, fu considerato un intervallo instabile e rifiutato come consonanza dalla maggior parte dei teorici. Nel XIII secolo fu classificato come
discordantia perfecta, insieme alla seconda minore e alla settima maggiore. Fino alla fine del Rinascimento, però questo veniva identificato come un intervallo instabile e venne rifiutato da molti teorici in quanto dissonante.
Dissonante, dal latino
dissonare, ovvero essere in contrasto, un’idea, un concetto che si scontrava con le teorie di equilibro formale e armonico del Rinascimento.
Dato che il tritono divide l'ottava in due parti uguali, ha anche assunto il ruolo dell'intervallo tonalmente più ambiguo, al contrario della quinta, che divide l'ottava in parti disuguali ed è (a parte l'ottava stessa) l'intervallo più fondamentale per la tonalità. Nel corale “Es ist genug” Bach, per esempio, ha utilizzato il tritono incorporato nella scala maggiore per creare un'ambiguità nella relazione tra tonica e dominante. Sia Mozart che Beethoven, per esempio, usarono i tritoni tematicamente. Nell'opera romantica del XIX secolo il tritono ritrae regolarmente ciò che è minaccioso o malvagio; un primo esempio è nella scena della prigione nel secondo atto del
Fidelio. La sua importanza nella musica drammatica portò a ulteriori sviluppi nell'estensione e nella sospensione della tonalità, in particolare nel
Tristano e Isotta e nel
Parsifal di Wagner (il cosiddetto
Tristanakkord nel Preludio), nelle ultime opere per pianoforte di Liszt e nella musica di Debussy. Nella musica dodecafonica nel XX secolo, il fatto che l'inversione del tritono all'intervallo di un'ottava produca un altro tritono si è dimostrato fondamentalmente significativo, sia in teoria che in pratica.
Se inizialmente il concetto di
Diabolus in musica era legato all’intervallo di tritono (di difficile comprensione per il teorico rinascimentale e barocco), con il passare dei secoli la storia cambia. Infatti, dall’armonia dissonante si passò a individuare in alcune tipologie di virtuosi e virtuosismo la rappresentazione del
Diabolus in musica: il violinista, in particolare, e nel caso ancora più specifico, come massimo esempio, rientra nella categoria
Nicolò Paganini.
Uno dei primi aneddoti sulla
diablerie violinistica riguarda il violinista di Re Carlo II, Thomas Baltzar, il quale condusse un professore a “chinarsi ai piedi di Baltzar per vedere se aveva uno zoccolo […] per vedere se era un diavolo o no, perché agiva oltre il potere dell’uomo”.