Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

Tra scandalo e virtuosismo: storia del Diabolico in musica

Pubblicato il 14/01/2025

In occasione dell’appuntamento di venerdì 24 e domenica 26 gennaio, che vede accostati tre autori come Franz Liszt (Mephisto Waltz n. 1 S 514), Nicolò Paganini (Concerto n. 2 per violino e orchestra in Si minore La Campanella) e Camille Saint-Saëns (Sinfonia n. 3 in Do minore op. 78), proponiamo una riflessione sulla storia del virtuosismo, saldamente intrecciata con la storia del Diabolico in musica.

In origine, il termine Diabolus in musica non era utilizzato in prospettiva di un particolare musicista, ma per indicare un particolare intervallo, il tritono.
L'intervallo in questione risulta uguale alla somma di tre toni interi. Nel temperamento equabile è esattamente mezza ottava e può quindi essere percepito come una quarta aumentata o una quinta diminuita. Fin dagli inizi della polifonia nel primo Medioevo, teorici e compositori hanno modificato il loro atteggiamento nei confronti del tritono e del suo utilizzo più che di qualsiasi altro intervallo.

Il primo uso noto della parola tritonus si verifica in Musica enchiriadis, il trattato del IX o X secolo, sebbene non fosse esplicitamente proibito fino allo sviluppo del sistema esacordale di Guido d'Arezzo. Da allora fino alla fine del Rinascimento il tritono, soprannominato diabolus in musica, fu considerato un intervallo instabile e rifiutato come consonanza dalla maggior parte dei teorici. Nel XIII secolo fu classificato come discordantia perfecta, insieme alla seconda minore e alla settima maggiore. Fino alla fine del Rinascimento, però questo veniva identificato come un intervallo instabile e venne rifiutato da molti teorici in quanto dissonante. Dissonante, dal latino dissonare, ovvero essere in contrasto, un’idea, un concetto che si scontrava con le teorie di equilibro formale e armonico del Rinascimento.
Dato che il tritono divide l'ottava in due parti uguali, ha anche assunto il ruolo dell'intervallo tonalmente più ambiguo, al contrario della quinta, che divide l'ottava in parti disuguali ed è (a parte l'ottava stessa) l'intervallo più fondamentale per la tonalità. Nel corale “Es ist genug” Bach, per esempio, ha utilizzato il tritono incorporato nella scala maggiore per creare un'ambiguità nella relazione tra tonica e dominante. Sia Mozart che Beethoven, per esempio, usarono i tritoni tematicamente. Nell'opera romantica del XIX secolo il tritono ritrae regolarmente ciò che è minaccioso o malvagio; un primo esempio è nella scena della prigione nel secondo atto del Fidelio. La sua importanza nella musica drammatica portò a ulteriori sviluppi nell'estensione e nella sospensione della tonalità, in particolare nel Tristano e Isotta e nel Parsifal di Wagner (il cosiddetto Tristanakkord nel Preludio), nelle ultime opere per pianoforte di Liszt e nella musica di Debussy. Nella musica dodecafonica nel XX secolo, il fatto che l'inversione del tritono all'intervallo di un'ottava produca un altro tritono si è dimostrato fondamentalmente significativo, sia in teoria che in pratica.

Se inizialmente il concetto di Diabolus in musica era legato all’intervallo di tritono (di difficile comprensione per il teorico rinascimentale e barocco), con il passare dei secoli la storia cambia. Infatti, dall’armonia dissonante si passò a individuare in alcune tipologie di virtuosi e virtuosismo la rappresentazione del Diabolus in musica: il violinista, in particolare, e nel caso ancora più specifico, come massimo esempio, rientra nella categoria Nicolò Paganini.

Uno dei primi aneddoti sulla diablerie violinistica riguarda il violinista di Re Carlo II, Thomas Baltzar, il quale condusse un professore a “chinarsi ai piedi di Baltzar per vedere se aveva uno zoccolo […] per vedere se era un diavolo o no, perché agiva oltre il potere dell’uomo”.

Altri esempi di connessioni tra diabolus e violino nel contesto culturale del Romanticismo includono la xilografia Tod als Wurger di Alfred Rether (1850), dove la morte è dipinta come uno scheletro avvolto in una tunica da monaco dove suona le ossa come se fossero un violino con il suo archetto, e Autoritratto con la Morte che suona il violino di Arnold Böcklin (1872). In ambito letterario, questo immaginario compare per esempio nella scena del matrimonio del Faust di Nikolaus Lenau (1836) quando Mefistofele, con il violino e il suo demoniaco suono, aiuta Faust a sedurre una ragazza. O ancora, i giovani amanti del Romeo und Julia auf dem Dorfe (1856) cadono sotto l’incantesimo del violino nero (der schwarze Geiger) e si sposano contro il desiderio dei loro padri, danzano febbrilmente al suono del violino per poi crollare. Più tardi, la poesia Egalité, Fraternité di Henri Cazalis (1868) avrebbe ispirato la Danse Macabre di Camille Saint-Saëns (1874).

Arnold Boecklin, Autoritratto con la morte che suona il violino
 Alfred Rethel, Tod als Wurger 1851








Paganini ha impersonificato perfettamente il ruolo del “Diabolus”, integrando la sua straordinaria abilità tecnica e stile performativo, il suo virtuosismo e il suo aspetto fisico caratterizzato da elementi spettrali ed emaciati. Visto come uno strano mago del violino, è stato intravisto in modo allusivo anche come un agente del diavolo, tanto che Heine lo racconta con queste parole:

I lunghi capelli neri gli ricadevano in riccioli trascurati sulle spalle e formavano una cornice scura intorno al viso pallido e cadaverico, sul quale il dolore, il genio e l'Inferno avevano inciso le loro linee indistruttibili

Heine va più a fondo e descrive il grande violinista come un “vampiro con il violino, che se non succhia il sangue dai nostri cuori, prende l’oro dalle nostre tasche”.
È lo stesso musicista a svelare come, inizialmente, per lui non era un problema che il pubblico credesse a quegli aneddoti: il patto con il diavolo, omicidio della sua amante, la lunga prigionia.

Paganini a un certo punto diviene una figura mistica di culto. Una vera rockstar amata e venerata forse proprio per quell’immagine che integrava immaginari legati ai mondi satanici, fantasmagorici e demoniaci, oppure si svelava come un Mefistofele che suona il violino in una rinnovata connessione con universi sotterranei. 

Inoltre, la figura di questo musicista ebbe una grande rilevanza nell’evoluzione della tecnica virtuosistica e altresì nella creazione di un immaginario nello stile esecutivo, di cui Paganini rappresentò solo un tassello nella lunga tradizione di cui era parte.

Per esempio, Paganini ha un grande debito nei confronti di Marco Uccellini (1603-1680) e Carlo Farina (2604-1639) nell’imitazione di altri strumenti o di animali nei lavori per violino. Eppure, il debito più grande è quello nei confronti di Antonio Vivaldi, il quale nei suoi Concerti sviluppò un nuovo modello di virtuosismo sfruttando registri acuti, accordi multipli, arcate varie, effetti espressivi e timbrici ed elementi descrittivi, introducendo alcune cadenze e impiegando principi strutturali che servirono da modello per molti dei suoi successori. Altri violinisti con cui innegabilmente Paganini ebbe una connessione sinergica furono Pietro Locatelli (1695-1764) e Giuseppe Tartini. Anche quest’ultimo fu sinonimo di diabolus soprattutto per il suo cosiddetto Trillo del diavolo, la Sonata in Sol minore che fa parte del corpus dell’op. 9. Attraverso gli allievi di Tartini – Domenico Ferrari, Pietro Nardini, Gaetano Pugnani (protégé di Nardini) – può essere definita una linea ereditaria fino a Giovanni Battista Viotti (1755-1824) e quindi fino ai virtuosi del periodo romantico.

Il sogno di Tartini, illustrazione di Louis-Léopold Boilly (1761-1845) riferita all'aneddoto del sogno che avrebbe ispirato la composizione della sonata

Redazione

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