Nicola Piovani ha riassunto così il suo lavoro: “La colonna sonora è l’inconscio di un film.” È eloquente. E si può non applicare solo alle colonne sonore. È il caso del Requiem di Giuseppe Verdi, il suono dell’inconscio di Milano. È il suono del martello nella bottega nelle Tre Vie, è il rumore del tram che sferraglia a Cordusio, è il suono dei piccioni sui tetti di Brera, il canto delle lavandaie sul Naviglio. E per suonare il nostro inconscio cosa serve? L’esperienza. Ma cos’è l’esperienza? Recita la Treccani: “S'intende per esperienza il complesso delle conoscenze che si raggiungono, o si possono raggiungere, sul piano dell’immediata coscienza.” Immediata conoscenza significa una cosa: conoscenza pratica. E qual è la conoscenza che un direttore è bene che abbia? Per capirlo bastava vedere dirigere Romano Gandolfi, il padre del nostro Coro Sinfonico, di cui quest’anno ricorre il 90° della nascita. Ma basta vedere anche il cursus honorum di Michele Gamba, e lo capiremo: strumentista, pianista accompagnatore, pianista collaboratore, gavetta, affiancamento di grandi direttori. E a vedere concertare Gamba si ha quest’impressione: mestiere. È tutto a portata di mano. Per portare un’orchestra da un punto A a un punto B c’è un percorso che è il più breve. E Gamba lo conosce, ed è lungo 150 anni, come l’età del Requiem di Verdi, il suono dell’inconscio della nostra città.