Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

Requiem. Il suono dello spirito di Milano.

Una grande celebrazione per Alessandro Manzoni

Pubblicato il 23/10/2024

Dopo la pausa del 2023, anno in cui in ottobre e novembre la programmazione dell'Orchestra Sinfonica di Milano è stata dedicata al Festival Mahler, ritorna in Auditorium il Requiem di Giuseppe Verdi, di cui quest'anno si celebra il 150° anniversario della sua prima esecuzione, straordinario capolavoro del repertorio sinfonico-corale e appuntamento fisso per il pubblico dell’Auditorium di Milano.

La parola Requiem racchiude tante cose: una celebrazione liturgica, una forma musicale, ma anche l’incipit della preghiera d'invocazione per i defunti ("Requiem aeternam dona eis, Domine"). Intorno a questa parola o a questo tema ruota uno dei più grandi riti della collettività e di riflessione per l’uomo: il fine della vita e l’approcciarsi all’ignoto, di fronte al quale siamo tutti uguali e fratelli.
Una riflessione, questa, con cui molti compositori e intellettuali dovettero confrontarsi, come per esempio Verdi, Mozart, Fauré, Britten e Cherubini. La riflessione certamente non può essere solo umana ma anche sociale, infatti l’allestimento di grandiosi Requiem per organici imponenti nasce come fenomeno collettivo e rappresentazione corale di un popolo e rimane tale fino alla caduta dell’ancien regime. Anzi, in una certa misura il genere del Requiem rappresenta proprio una delle possibili espressioni di un certo mondo culturale. Come ricorda Matteo Marni nel suo bel libro dedicato a La vera storia del Requiem (Giampiero Casagrande Editore, 2024):

Lo spartiacque del 1789 non riuscì a porre fine a un uso inveterato e ancora perdurante nel cerimoniale degli stati moderni, tuttavia ha aperto la strada a una pluralità di situazioni che nei decenni a cavaliere fra XVIII e XIX secolo hanno originato intonazioni del testo della missa pro defunctis presto cristallizzate da una visione idealista e classificatrice della storia della musica

Se l’immaginario del Requiem si è nutrito di storie e incroci del destino come quello di Mozart, che sarebbe poi stato narrato in modi avvincenti da Milos Forman in Amadeus e da Aleksandr Puškin nella pièce Mozart e Salieri, il grandioso Requiem di Cherubini – datato 1816 – fu la colonna sonora ideale non solo per il reinsediamento di Luigi XVIII sul trono di Francia ma, più in generale, per l’intero momento storico della Restaurazione del 1815: ovvero un tentativo straordinario di ricucire lo strappo sociale e politico creato dalla voragine rappresentata dalla Rivoluzione francese e dal conseguente arrivo di Napoleone in Europa.
Da Parigi a Milano. Quasi settant’anni più tardi, nel 1873 muore forse uno degli intellettuali italiani più straordinari del XIX secolo: Alessandro Manzoni, che era stato espressione di un certo modo d’intendere il cattolicesimo, moderno e sostenibile, e soprattutto portatore di una fede sincera e non artefatta. 

Un anno più tardi, nel primo anniversario della morte del grande scrittore, Verdi presenta alla Chiesa di San Marco il suo Requiem per soli, coro e orchestra. Un’opera straordinaria nel catalogo verdiano non solo per il suo grande valore musicale e social-politico (Verdi era stato tra le voci più autorevoli del Risorgimento), ma anche per il valore del Destino e della laicità nel mondo musicale verdiano. "Un'opera che non è intrisa per forza del mondo operistico verdiano, ma che ci consegna l'uomo nella sua fragilità umana", come mi ricorda il direttore d'orchestra Michele Gamba, che a fine ottobre debutterà con il Requiem, sul podio dell'Auditorium.

Un musicologo che a Verdi ha dedicato molte energie, Antonio Rostagno, scrive al riguardo che “la più importante composizione sacra di Verdi è una risposta a due impulsi opposti, da un lato una crescente ricerca di spiritualità e dall'altro il suo scetticismo sul problema della fede. Sono gli anni in cui Verdi sfiora l'ateismo (così disse Giuseppina Strepponi, che tuttavia non colse la profondità del pensiero del marito), ma al tempo stesso sono gli anni di più profonda riflessione sulla fede, sul rapporto con il divino, sull'aldilà. 

La messa per i morti diviene così il più alto messaggio di una posizione laica, molto comune nell'Ottocento europeo, dell'uomo che percepisce la sua debolezza davanti al mistero della morte: l'uomo senza certezze trascendenti”.
Con Verdi viene già affermato e rappresentato con coraggio l'uomo abbandonato a se stesso, senza redenzione certa, senza speranze ultraterrene, ma ancora senza il coraggio della autodeterminazione assoluta, in solitudine davanti al cosmo vuoto della voce di Dio.
“La Messa per Manzoni approntata da Verdi fra il 1873 e il 1874 non recupera solo un espediente tradizionale applicato alla stretta attualità, ma sancisce anche la consacrazione degli attanti sull’altare della patria: da qui la chiave del successo che Cherubini non riuscì ad ottenere in modo tanto manifesto celebrando Luigi XVI a soli due anni dalla débâcle di Napoleone” (Matteo Marni).

Il Requiem di Giuseppe Verdi non poteva che avere luogo in una città come Milano e soprattutto nella chiesa di S. Marco, dove trova i protagonisti e i protagonismi necessari per potersi compiere. Un contesto particolarmente interessante quello della Milano degli anni Settanta dell’Ottocento.
Mentre un ristretto gruppo di Scapigliati sta compiendo la propria “piccola rivoluzione”, Luigi Nazari di Calabiana fa il suo ingresso come arcivescovo di Milano. 
"La diocesi conta più di un milione di anime, più di centonovantamila abitano all’interno della cerchia dei Bastioni e vi sono quaranta chiese parrocchiali solo in città. La città sta cercando un rinnovamento urbanistico che, oltre al tema della Piazza Duomo, passa per l’ampliamento dei Giardini di Porta Venezia (1856-62) che ospiteranno svariate esposizioni (1871-81), mentre accompagna le nuove vicende politiche attraverso la via rappresentativa dell’edificazione di monumenti siti nelle piazze cittadine – come quello a Cavour (1865), di Beccaria (1871) e Leonardo da Vinci (1872)" (Matteo Marni). 

Con Gli Ugonotti di Mayerbeer apre le porte il Teatro dal Verme, 
mentre al posto del Teatro Re, demolito per far spazio agli isolati adiacenti alla Galleria, 
viene inaugurato il Teatro della Commedia, che nel 1873 si chiamerà Teatro Manzoni.

Valentina Trovato

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