Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

INTERVISTA A MONS. PALOMBELLA

Pubblicato il 23/03/2023

La Cappella Musicale del Duomo di Milano. 
Mons. Palombella, vuole parlarci di questa istituzione?

Sono Direttore della Cappella Musicale del Duomo di Milano da settembre 2021. È un grande onore poter dirigere un’istituzione così importante, poiché si tratta della più antica istituzione musicale di Milano (è attiva ininterrottamente dal 1402) e di una delle più antiche d’Europa. Un impegno di prove quotidiano, perché la Cappella interviene ogni domenica alla solenne Celebrazione Capitolare in Duomo alle ore 11.00.
Sono stato chiamato dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano per dare vigore a questa istituzione musicale, con un preciso metodo di studio e lavoro che la trasformi gradualmente in un ambiente a elevata professionalità. In tal senso, la Cappella Musicale del Duomo di Milano storicamente ha sempre investito nell’educazione e nella formazione avendo, fin dalle origini, una scuola elementare e media annessa ad indirizzo musicale (oggi la scuola “Franchino Gaffurio” con sede a Milano in via Corsico 6, nella centrale area dei Navigli, sezione staccata ad ordinamento musicale dell’Istituto Comprensivo Statale «Thouar-Gonzaga») dove i bambini studiano musica quotidianamente. Un fattore che ci contraddistingue, nell’ambito delle realtà del nostro paese, ma che nel mondo anglo-sassone rappresenta la normalità.
Sono due i periodi in cui la Cappella Musicale del Duomo di Milano è maggiormente impegnata durante l’anno: il periodo natalizio e quello pasquale. In quest’ultimo, in particolare, la Cappella Musicale del Duomo di Milano interviene nell’ambito della “Settimana autentica”, come suggerisce il nome, la settimana più importante dell’anno liturgico, in cui il credente è chiamato a ripercorrere il mistero pasquale di Cristo.

“Consummatum est”. Perché questo titolo? 
Vuole spiegarci il senso del programma scelto?


Il Titolo significa “Tutto è compiuto”, e si riferisce alle ultime parole di Cristo sulla croce, e rappresenta la traduzione della Vulgata dall'originale greco Τετέλεσται (Tetelestai), dal Vangelo di Giovanni.
Ho scelto questo titolo in virtù del fatto che l’appuntamento che vede protagonista la Cappella Musicale del Duomo di Milano all’Auditorium di Milano, lunedì 3 aprile, cade esattamente all’inizio della Settimana Santa.
Il centro del programma è, infatti, il Passio Domini nostri Iesu Christi secundum Ioannem di Tommaso Ludovico da Vittoria, evinto dall’Officium Hebdomadae Sanctae pubblicato a Roma nel 1585. Ogni intervento polifonico della Cappella Musicale, in dialogo con i solisti, può essere paragonato a un intenso dipinto ad acquerello, se accostiamo il compositore a un autore a lui coevo che operò nell’alveo delle arti figurative: Caravaggio. L’accostamento non risulterà certo azzardato a chi saprà notare la somiglianza tra i forti contrasti di suono, nel primo, e di colore, nel secondo, e la notevolissima intensità espressiva pur in una piccola forma.
Si crea all’interno del programma un’implicita e duplice polarità: da una parte Giovanni Pierluigi da Palestrina, di cui proporremo Pueri hebraeorum dal manoscritto Cappella Giulia XIII.26, foglio 7r del 1600) e Sicut cervus (dal Liber II Motectorum Quatuor Vocum pubblicato a Milano nel 1587 e conservato nell’Archivio Musicale della Veneranda Fabbrica del Duomo, Busta 106, n. 11), il Princeps Musicæ che sintetizza e compie il rinascimento nell’equilibrio di una grande architettura musicale. E dall’altra, appunto, da Vittoria, capace di intense miniature, come emerge chiaramente nel suo Passio, e nel responsorio Sepulto Domino.

Maestro, qual è la vita del Maestro di Cappella? 
Come si svolge la quotidianità del Maestro della Cappella Musicale del Duomo?

Il Maestro di Cappella, per così dire, ha la “catena corta”, deve essere sempre presente e “prendersi cura”, con una vita quotidiana molto simile a quella di un padre di famiglia o di un parroco.
Tutti i giorni si svolgono doppie sessioni di prove, due ore con i ragazzi e altrettante con i cantori adulti. La vita di un Maestro di Cappella è sostanzialmente concentrata sulla ricerca negli archivi, lo studio, la produzione di pertinenti edizioni critiche e la composizione. È un lavoro quotidiano e intenso che necessita regolarità e disciplina congiunte con un’importante e fondamentale attenzione educativa nei confronti dei ragazzi per i quali la musica, praticata professionalmente, diviene un sano strumento per la formazione integrale della persona.

Cosa fa la differenza? Cosa insegna ai Cantori della sua cappella? 
Qual è la chiave per raggiungere un livello musicalmente soddisfacente?

La musica, come ogni vera disciplina, necessita di studio quotidiano. Occorre, infatti, uscire dalla logica di una mera lettura della musica al fine di eseguirla. Quando si fa musica seriamente è necessario lo studio approfondito, la ricerca di un suono specifico, pertinente a quella precisa estetica.
I ragazzi che fanno parte della Cappella Musicale studiano quotidianamente per apprendere e sedimentare una precisa tecnica che li abilità a poter affrontare con pertinenza ogni repertorio musicale. In questo processo gli stessi ragazzi apprendono un preciso metodo professionale di studio e lavoro che un domani potranno declinare in ogni studio e attività lavorativa che si troveranno a svolgere.
Abbiamo il privilegio di confrontarci quotidianamente con questa musica meravigliosa e altrettanto complessa, che rappresenta l’origine della musica colta occidentale. Studiarla dettagliatamente ricercandone, per quanto possibile, una “pertinenza estetica” è un delicato e raffinato lavoro che chiede ingegno e disciplina e, se fatto con verità e retta intenzione, può renderci ogni giorno ‘‘più umani’’ e quindi anche più disponibili ad incontrare Colui che è all’origine di ogni suono e di ogni vera gioia.
Mi auguro che la partecipazione a questo concerto, dove si verrà a contatto con una punta di diamante del Canto Gregoriano e della produzione rinascimentale circa la passione, morte e risurrezione del Signore, possa essere per tante persone, anche lontane da un’esperienza di “fede”, oltre ad una fruizione estetica, un aiuto per collocare la fatica, la sofferenza, l’insoluto della vita alla luce di un orizzonte più ampio, dal sapore di eternità, di quel “per sempre” che i Cristiani chiamano “Risurrezione”.

Damiano Afrifa

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