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La musica di 007: il suono di un'icona senza tempo

Pubblicato il 19/12/2024

Sabato 11 e domenica 12 gennaio all’Auditorium di Milano è il momento di Skyfall in Concert, la sonorizzazione dal vivo di uno degli ultimi capitoli della saga di 007, con la colonna sonora originale composta da Thomas Newman, vincitrice del BAFTA, eseguita dal vivo dall’Orchestra Sinfonica di Milano diretta da Anthony Gabriele in sincrono con il film, proiettato in lingua originale con sottotitoli in italiano.

Ma qual è la storia della inconfondibile colonna sonora della saga di 007?

Giamaica, 1962. Nel primo, leggendario capitolo della saga di 007, Monty Norman compone musiche originali in stile giamaicano che vengono eseguite da Byron Lee and the Dragonaires all’interno del primo, leggendario capitolo della saga 007, Dr. No. Si tratta di Jump Up e Kingston Calypso, che vediamo eseguite dalla band all’interno dell’hotel in cui si svolge l’azione.
Ma Monty Norman, che all’epoca ha 34 anni, è soprattutto colui che compone il James Bond Theme. Norman battezza quel motivo musicale senza il quale James Bond non sarebbe stato James Bond, quel leitmotiv in grado di identificarlo con assoluta chiarezza, da una parte, e di essere cangiante nel tempo dall’altra, modellandosi progressivamente intorno a tutti i capitoli della saga, dal 1962 a oggi.
James Bond appare sul grande schermo per la prima volta con Sean Connery, quel leggendario Agente 007 - Licenza di uccidere / Dr. No da cui tutto ebbe inizio. Proprio a partire da questa pietra miliare si sviluppa un fil rouge musicale, un tema originale che seguirà in maniera carsica sessant’anni di 007, quell’infondibile leitmotiv frutto della penna di Monty Norman, che dipinge in musica il personaggio creato da Ian Fleming e interpretato da Sean Connery, George Lazenby, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig.

Ma sono tanti i compositori che danno vita sonora a questo affascinante personaggio della cultura di massa, da John Barry a David Arnold, George Martin, Marvin Hamlish, Bill Conti, Michael Kamen ed Eric Serra. Fino a Thomas Newman, autore, appunto, delle musiche di Skyfall, che firma una colonna sonora ben ancorata nell’estetica e nell’immaginario di 007, ma proiettata verso il futuro.
Per quanto riguarda il James Bond Theme, si può addirittura parlare di un “logo” visivo, mantenuto intatto per più di 50 anni attraverso soluzioni cangianti e via via modellate al contesto storico e con un suono sempre un passo più avanti rispetto alla produzione coeva. Ne risulta una storia sonora di 007 incredibilmente ricca e che, malgrado la perdita di omogeneità e il carattere a tratti frammentario, costituisce ancora oggi un corpus unitario e ben definito.

Identità nella diversità, grazie al fil rouge mai abbandonato dell’inconfondibile James Bond Theme, motto sonora di straordinaria riconoscibilità e formidabile struttura, musicale e drammaturgica.
Sean Connery
John Barry 

Come spesso accade per ciò che riesce a sfuggire al nefasto strascico della storia, la struttura del brano è semplice, essenziale, nitida. Un’introduzione potente con ottoni e percussioni fa da sfondo ai tre elementi chiave del “Theme”: il cromatico e altalenante "si-do-do diesis" (1), sul quale una chitarra elettrica esegue un tema ostinato su quattro note, una sorta di moto perpetuo (2); su questi due elementi, ottoni e percussioni propongono un tema quasi urlato, ricco di evoluzioni e abbellimenti e perfettamente circolare, che si conclude su un accordo "aperto". È circolare, del resto, anche la prima immagine di ogni Bond-movie; la celebre soggettiva "impossibile" della canna della pistola di un ipotetico avversario che inquadra la silhouette di 007 e, allo sparo di questi, si rivela di una sorta di “sipario di sangue”.

Il James Bond Theme, fin dal 1962, è ipnotico. È il corrispettivo sonoro di un uomo che tutti vorrebbero essere. Affascinante, intelligente, coraggioso, sagace. Tutte caratteristiche che si rintracciano nella musica, perfettamente in linea con il personaggio a cui si riferisce. E come per tutte le cose che passano alla storia, come tutto ciò che incassa un successo inaspettato, ci si litiga la paternità del James Bond Theme. Ne consegue un’intricata vicenda giudiziaria dovuta al fatto che il tema sarebbe stato orchestrato e diretto da John Barry anche nel primo capitolo, Dr.No, dove peraltro nei titoli figura solo Monty Norman quale compositore mentre a Barry è attribuita solo l'orchestrazione e la direzione del Theme
Al di là del riconoscimento, poi indiscusso e da allora ribadito ad ogni uscita, del merito autoriale iniziale di Norman, non v'è dubbio che la qualità, l'inconfondibile imprinting sonoro del Theme sia dovuto alla sapienza strumentale di Barry, il quale è sì reduce da esperienze pop-rock nella Swinging London, ma è al contempo un musicista di solidissima formazione sinfonica e – come dimostrerà proprio nella serie 007 – di acuta sensibilità classica.

È tutto già lì, nel James Bond Theme. Anche quella dicotomia, quello scontro archetipico irresistibile che connota ogni grande pagina della letteratura (anche cinematografica) fino a elevarla a potenziale categoria universale, Eros e Thanatos, Amore e Morte, perché se da una parte la seduzione è intrinseca nel linguaggio, sia cinematografico sia musicale, di 007, dall’altra la vita di James Bond è perpetuamente in bilico, continuamente minacciata, resa eccitante agli occhi degli spettatori perché intrisa di pericoli, ma accompagnata da ammiccamenti, appuntamenti di fronte a Martini Cocktail e ménage in camere di albergo extralusso. È James Bond, affabile, acuto, irresistibile, di fronte al fascino del quale tutti capitolano.
E tutto, nei film della saga, è orientato a suggerire questo, dalla musica fino ai leggendari Main Titles progettati da Maurice Binder, genio assoluto della grafica e del design, forse il massimo titolista di ogni tempo, che crea un cocktail visivo inconfondibile basato su una miscela fatta di silhouette umane su sfondi onirici, puntando particolarmente sull'elemento erotico e sul corpo femminile, ma anche sull'evocazione di una violenza sempre raffinata e crudelmente sottesa. Maurice Binder non è responsabile solo dell’ideazione della cosiddetta Gunbarrel Sequence: a partire dal concept di James Bond che spara verso lo schermo, il designer britannico pensa di rappresentare graficamente i fori di proiettile usando dei piccoli bollini bianchi, e la sequenza di prova preparata in 20 minuti entusiasma i produttori al punto di validarla come ufficiale.
La gunbarrel sequence realizzata da Maurice Binder
Rapporto immagine-suono. In tal senso la saga cinematografica di 007 si presenta al mondo con una struttura iperconnessa tra ciò che si vede e ciò che si sente. Ed è con John Barry che questa corrispondenza raggiunge vette inaspettate. Per quasi un quarto di secolo, infatti, Barry è infatti l'architetto sonoro dei film della serie, l'inventore continuo di una miriade di soluzioni, di frammenti, di pagine, di temi, di sfondi, di effetti senza i quali quei film medesimi oggi non sarebbero concepibili e il personaggio di 007 nemmeno. In questo periodo, l'associazione James Bond-Sean Connery-John Barry rappresenta una triade inscindibile, una sorta di trinità. Un tris a cui si aggiunge però un ulteriore ingrediente estremamente connotante: la scelta di voci iper-caratterizzate. Da Shirley Bassey a Tom Jones, da Louis Armstrong a Nancy Sinatra.

Siamo del resto di fronte a un compositore di grande sapienza. Nelle sue soluzioni sono costantemente rintracciabili molteplici influenze, si evincono forme “alte” come il canone o l'iterazione. Una scrittura che colpisce per raffinatezza contrappuntistica e sviluppo melodico. Le procedure di Barry sono chiare, trasparenti, molto "europee", orgogliosamente autonome e nello stesso tempo formidabilmente incollate all'immagine.
Roger Moore
Con il capitolo Live and Let Die si compie una vera e propria cesura nella storia di 007, anche a livello musicale.
Affidando la musica a George Martin, il produttore dei Beatles, e il Song Title a Paul McCartney, la produzione compie un'evidente scelta di discontinuità, in linea con la scelta di un interprete molto meno problematico e più "pop" quale Roger Moore. Ma se la canzone scala immediatamente le hit parade, la partitura è oggi dimenticata nel proprio genericissimo London sound, condito da esotismi afrocubani.

Da qui John Barry perde l’esclusiva sulle musiche della saga. 

I suoi contributi si fanno via via più rarefatti e generici, mentre la serie paga lo scotto di una concorrenza soffocante sul piano dell'action movie e della spettacolarità. In The Man With the Golden Gun subentra una giovane leva, Marvin Hamlisch, enfant prodige della Hollywood musicale progressista, che, non avendo alcuna dimestichezza con il genere d'azione, decide di alleggerire la colonna sonora, rendere più rarefatti i toni, sgravare quasi completamente l’apparato sonoro e, in generale, abbassare il “volume”. La scelta non convince, tanto che, per il successivo Moonraker, viene richiamato John Barry, che però, cercando di evitare soluzione già offerte, non offre la sua migliore prova. Da qui in poi si alternano tanti compositori e altrettanti stili diversi, da Bill Conti, che in For Your Eyes Only sta molto a ridosso del Theme originale di Monty Norman, fino a Michel Legrand, chiamato a sonorizzare Never Say Never Again, e che dona alla narrazione un suono che oscilla tra echi stravinskyiane e atmosfere da chanson francese.
E ancora. In A View to a Kill è il turno dei Duran Duran, che accompagnano in musica (insieme a John Barry stesso) il congedo dell'anziano Roger Moore dal ruolo titolo. E sempre John Barry tiene a battesimo lo 007 di Timothy Dalton, The Living Daylights. Per License to Kill sarà poi il turno di Michael Kamen, compositore, tra gli altri, delle colonne sonore di Highlander, Die Hard e Robin Hood, ex oboista e direttore d'orchestra cresciuto alla Juilliard School. Per Goldeneye, a Kamen succede Eric Serra, compositore di fiducia di Luc Besson, che offre una versione particolarmente eccentrica del James Bond Theme, con una scrittura orchestrale quasi impressionistica.

Inizia l’era Pierce Brosnan, e, insieme a lui, emerge l’esigenza di una musica che compatti la narrazione, rendendo nuovamente omogeneo l’immaginario di 007. La scelta cade su David Arnold, musicista che ha firmerà anche la colonna sonora di Independence Day di Roland Emmerich. Con Arnold si tornano a onorare alcuni “canoni” di John Barry, dalla capacità di creare silenzi evocativi a quella di concedere anche momenti lirici alla narrazione musicale. Con The World is not Enough Arnold passa definitivamente la prova, oscillando con grazia tra la grande scrittura sinfonica e le influenze disco, tra ritmi tellurici, siparietti da night-club e lieder voce e pianoforte.
Arriviamo ai giorni nostri, con il magnetico 007 di Daniel Craig. In Casino Royale, sempre firmata da Arnold, si continua a lavorare sottilmente sul Bond Theme, complice il fatto che siamo in un prequel e quindi anche "quel" tema è, di fatto, una sorta di ur-motiv.

Ma in Skyfall arriva il nono compositore delle musiche di 007: Thomas Newman, musicista plurinominato all’Oscar per le colonne sonore di American Beauty e di The Shawshank Redemption e frequente collaboratore del regista Sam Mendes. Descrivendo come il lavoro divenne suo, Newman disse: "Molto timidamente chiamai Mendes e gli dissi che sarei stato felicissimo di farlo, ma non avrei mai voluto essere presuntuoso. Mi rispose via e-mail, dicendo che era felice di questa notizia.”
Un compositore che ha il merito di aver portato il suo stile personale alla saga di James Bond, compito enormemente arduo vista l’ingombrante storia.
Thomas Newman

Quell’incredibile sfida che consiste nell’affrontare 50 anni di storia del cinema dopo che Ursula Andress è uscita per la prima volta dal mare dei Caraibi in Dr. No nel 1962, oltre (ovviamente) all'eredità della leggendaria musica di John Barry. 
Il "suono di James Bond" è così iconico e così consolidato che pone un compositore unico come Newman di fronte a un dilemma: abbandonare il proprio suono nel tentativo di adattarsi al suono generale della serie, rischiando di rinunciare a ciò che lo rende tale, o comporre musica nel suo modo inimitabile? 
Il merito di Newman è aver trovato un mirabile equilibrio tra queste due istanze.

Del resto, se è vero che la saga di James Bond ha letteralmente accompagnato 60 anni di storia postmoderna, raccontando l’immaginario del mondo occidentale, è anche vero che al contempo ha contribuito a costruire un immaginario collettivo chiaro e definito, scolpendo nella coscienza, anche e soprattutto attraverso un suono cangiante nelle epoche, le caratteristiche forse intramontabili di un’icona senza tempo, ieri come oggi.
Daniel Craig 

Redazione

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