Ex Libris G.Schöneck-Doman, Acquaforte orig. 1949 -dettaglio- Karl Blossefeld (pittore, grafico e illustratore tedesco 1892-1975)
Volto maestoso di Beethoven tra un cielo tempestoso e raggi di sole, contrasti che alludono all’essenza della sua musica. L’armoniosa figura di Euterpe, musa della musica, suona l’arpa divina.
L’umanità tutta in contemplazione di questa straordinaria apparizione.
L’esecuzione della Sinfonia n. 9 di Beethoven all’Auditorium di Milano (dal 29 dicembre al 1° gennaio, con Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano diretti dal Direttore Musicale Emmanuel Tjeknavorian) chiude idealmente le celebrazioni nel 2024 dedicate ai 200 anni della prima esecuzione del capolavoro sinfonico per eccellenza. La composizione che, forse più di altre opere, pose sul tavolo dei posteri il tema dell’eredità e della tradizione. È un fatto: tutti i compositori dopo Beethoven dovranno confrontarsi con la Nona e con l’intensità del suo messaggio sociale e politico, e con il suo autore in quanto portatore di un messaggio straordinario (tanto da far cadere sull’Inno alla gioia la scelta dell’Inno d’Europa) e rappresentante di un insuperabile esempio di eroe spirituale e ‘uomo del suo tempo’.
In tal senso, Lewis Lockwood ricorda come “la Nona fu scritta per far rivivere un idealismo perduto. Fu una forte affermazione politica in un periodo in cui le possibilità pratiche di realizzare gli ideali di fratellanza universale di Schiller erano state virtualmente estinte dai regimi post-napoleonici. La decisione di Beethoven di completare l'opera intendeva quindi ristabilire l'equilibrio, inviare un messaggio di speranza al futuro e proclamare quel messaggio al mondo”.
È rappresentativo il fatto che, nella costante produzione di monumenti eretti per onorare Beethoven nel corso del XIX secolo, il più sorprendentemente grandioso è la statua nuda di Klinger, svelata a Vienna nel 1900. Un monumento ancora più duraturo e influente è stata la continua presenza della musica di Beethoven nelle arene politiche occidentali, a confermare la vasta portata della sua musica.
Per esempio, nel 1870, la vittoria tedesca nella guerra franco-prussiana coincise con il centenario della nascita di Beethoven. Il collegamento fu colto dagli organizzatori di numerosi festival musicali e politici e da Wagner, la cui monografia del 1870 su Beethoven equiparava esplicitamente la sublimità dell'arte di Beethoven a quella dello spirito tedesco, come un trionfo del mondo interiore ideale sul mondo francese delle apparenze. Sembra che lo stesso Bismarck venerasse Beethoven e la leggenda narra che ordinò un'esecuzione della Quinta sinfonia appena prima di mobilitare il suo esercito.
La fusione tra Beethoven e la politica tedesca continuò a ritmo serrato nel XX secolo. Durante la Prima Guerra Mondiale, la musica di Beethoven fu suonata senza sosta nelle sale da concerto tedesche e ci sono molti resoconti di soldati che invocavano Beethoven come modello ispiratore dell'eroismo tedesco. In seguito, il Terzo Reich sfruttò il potere della sua musica nella sua propaganda aggressiva e si rivolse persino a Beethoven durante la sua fine: la morte di Hitler fu annunciata alla radio tedesca sulle note della marcia funebre della Sinfonia n. 3 "Eroica". Ironicamente, il motivo iniziale della Quinta Sinfonia, per la sua somiglianza ritmica con la lettera V del codice Morse, divenne associato alla vittoria alleata e la musica di Beethoven in generale era stata immensamente popolare nella Gran Bretagna in tempo di guerra. Quasi mezzo secolo dopo, la Nona Sinfonia era ancora protagonista della Storia, quando venne eseguito da Leonard Bernstein in occasione della caduta del Muro di Berlino nel 1989 (sostituendo come è ben noto la parola "Freiheit" con "Freude" nel finale corale).
In una dimensione più immaginifica di Beethoven e della sua Nona sinfonia corre in nostro aiuto l’interessante e preziosa collezione privata della famiglia Carrino, che ha sede nella Casa Museo Biblioteca Beethoveniana di Muggia (in provincia di Trieste): una decina di ambienti che accolgono 11.500 elementi in 12 Raccolte. La collezione raccoglie 150 tra pitture e sculture, 800 grafiche d’arte, 250 oggetti d’arte applicata, 4500 edizioni tra biblioteca musicale e biblioteca storico-bibliografica, 550 medaglie e monete, 450 ex libris, 2700 cartoline, 400 figurine, 1750 francobolli, pubblicità, Kitsch e vini, dolci e sapori.
Questa collezione è il frutto di una ricerca cominciata nel 1971, che ha impegnato inizialmente Sergio Carrino, poi la moglie Giuliana e il figlio Ludovico. Da questa passione ha preso forma la Collezione privata più grande d’Europa dedicata a Ludwig van Beethoven e al suo Mito, ospitata in una casa dove la vita scorre con la sua quotidianità.
“
Coltivare una Collezione significa, innanzitutto, esercitare l’arte dello sguardo:
imparare a vedere, oltre l’abitudine meccanica del guardare
”
Sergio Carrino
Tra i materiali legati all’universo della Nona fanno capolino alcune litografie di grande interesse che ci mostrano attraverso la forza dell’immagine la recezione del compositore e della sua musica in un momento specifico.
Per esempio, in una Litografia di Franz Stassen (pittore, incisore e illustratore tedesco 1869-1949) vengono rappresentati a fianco di Beethoven alcuni degli artisti preferiti da Winckelmann (industriale di Berlino): Bach e Wagner. Al centro la potente immagine di Beethoven contornato da un’umanità acclamante che toglie il velo (di Iside?) scoprendo un cielo stellato, come nella Nona sinfonia.
O ancora, in alcuni ex-libris (ndr un'etichetta, solitamente ornata di un motto e di uno stemma o altra rappresentazione grafica, che si applica su un libro per indicarne il proprietario) si ritrovano alcuni riferimenti al mondo beethoveniano: Karl Blossefeld in un’acquaforte del 1949 ritrae il volto maestoso di Beethoven tra un cielo tempestoso e raggi di sole, contrasti che alludono all’essenza della sua musica. L’armoniosa figura di Euterpe, musa della musica, suona l’arpa divina. L’umanità tutta in contemplazione di questa straordinaria apparizione.
NOTEN [Ex musicis] Arthur Winckelmann, industriale di Berlino. Litografia originale, 1901.
Franz Stassen (pittore, incisore e illustratore tedesco 1869-1949)
Al centro la potente immagine di Beethoven contornato da un Umanità acclamante toglie il velo scoprendo un cielo stellato in tema con la Nona Sinfonia. L’immagine del velo squarciato ricorda il motto di Iside, divinità egizia protettrice della salute e della vita: “Io sono tutto ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo”. Questo motto, viene spesso fatto riferire allo svelamento dei segreti della natura, era stato trascritto e conservato da Beethoven in cornice sulla sua scrivania fin dal 1819.
“L. v. Beethoven IX Sinfonia” Acquaforte, presumibilmente per il Centenario del 1924.
Erhard Amadeus-Dier (pittore, grafico, drammaturgo e compositore austriaco 1893-1969)
Il capolavoro di Beethoven rappresentato come un gigantesco mostro marino dagli occhi felini che avanza dal mare inesorabile a grandi passi verso un’Umanità terrorizzata che tenta di scappare da ogni parte. Sembra proprio che l’Artista sia stato ispirato dalle parole del celebre scrittore E.T.A. Hoffmann che già nel 1810 così scriveva: “La musica di Beethoven muove le leve del terrore, dell’orrore e del dolore (…)”
“L.v. Beethoven opus 125 Allegro ma non troppo un poco maestoso IX Sinfonia”. Acquaforte, presumibilmente per il centenario del 1924.
Erhard Amadeus-Dier
Visione allegorica del primo tempo della Sinfonia: un Beethoven fortemente ispirato, con gli occhi socchiusi; dietro a lui, una grande arpa con una figura angelica alata tesa verso la luce divina; sotto, una moltitudine di figure umane ignude, dolenti e acclamanti protese anch’esse verso la Luce e la Gioia.
“IX Sinfonia La torre della libertà e dell’uguaglianza” Acquaforte originale realizzata nel 1918 resa con toni di grigio e nero e fini tratteggi.
Arthur Paunzen (pittore e grafico austriaco 1890-1940). Artista dotato di una straordinaria tecnica incisoria nella realizzazione di figure allegoriche ispirate alla musica e in particolare a Beethoven.
Lungo un enorme alto picco roccioso, su cinque ripiani scavati nella roccia, una moltitudine di uomini e donne ignudi, spogliati dalle differenze sociali (e religiose), uniti nell’armonia di una fratellanza universale alzano le braccia al cielo acclamando il Padre Affettuoso. Sullo sfondo, un sole immenso dai bellissimi raggi finemente tratteggiati simbolo del Bene, della Luce e della Conoscenza sorge sul mare. Con questa immagine poetica Paunzen ha voluto rappresentare i grandi ideali espressi nell’Inno alla Gioia, tanto cari a Beethoven.
La Prima Guerra Mondiale ha ricordato al mondo dell’importanza dell’idea di fratellanza e comunità e nel 1918 Artur Paunzen (pittore e grafico austriaco 1890-1940) in un’acquaforte avrebbe reso il messaggio dell’Inno alla gioia attraverso un’immagine di straordinaria forza.
Il 1924, invece, anno del primo centenario della prémière della Sinfonia avrebbe aperto la strada a numerose riflessioni intorno a Beethoven e al suo capolavoro sinfonico corale, come si può vedere nelle due acqueforti di Erhard Amadeus Dier (pittore, grafico, drammaturgo e compositore austriaco1893-1969), dove viene rappresentata una visione allegorica del primo tempo della Sinfonia (un Beethoven fortemente ispirato, con gli occhi socchiusi; dietro a lui, una grande arpa con una figura angelica alata tesa verso la luce divina; sotto, una moltitudine di figure umane ignude, dolenti e acclamanti protese anch’esse verso la Luce e la Gioia), o ancora la visione della Nona come un gigantesco mostro marino che avanza dal mare inesorabile a grandi passi verso un’Umanità terrorizzata che tenta di scappare. Sembra proprio che l’Artista sia stato ispirato dalle parole del celebre scrittore E.T.A. Hoffmann che già nel 1810 così scriveva: “La musica di Beethoven muove le leve del terrore, dell’orrore e del dolore”.
È ormai noto ai più che sulla scrivania di Beethoven fosse riportata una celebre iscrizione che si trova già sul colonnato del tempio di Iside nell’antico Egitto, un riferimento al mito del cielo di Iside: “Io sono tutto ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo”
Io sono Iside.
Io sono ciò che è, ciò che era,
e ciò che sarà, e nessun mortale
ha sollevato il velo dal mio volto
iscrizione sul colonnato del Tempio di Iside nell'antico Egitto
Un riferimento culturale che ci fa pensare al mondo di miti e leggende, di cui certamente Beethoven era conscio, ma altresì la straordinaria intensità di quei versi nella consapevolezza del proprio peso culturale e musicale nella storia.