Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

Rudolf Baršaj, in memoriam

Pubblicato il 30/10/2024

Il 28 settembre 1924 nasceva a Staniza Labinskaja, oggi Labinsk (Russia meridionale) Rudolf Borisovič Baršaj, uno dei massimi violisti del Novecento, in seguito anche prestigioso direttore d’orchestra e orchestratore di musiche come la Decima di Mahler e L’arte della fuga di Bach.

Dal 2002 al 2008 il Maestro Baršaj collaborò regolarmente con l'Orchestra Sinfonica di Milano, e nel 2006 ne venne nominato Direttore Emerito. Esordì in Auditorium il 14 marzo 2002 con la Sinfonia n. 4 di Šostakovič, nel 2003 presentò la propria versione della Decima di Mahler, tenne l’ultimo di otto concerti il 12 ottobre 2008 (in appendice il catalogo).

Con l’Orchestra registrò inoltre dal vivo le Sinfonie da camera 1-5 di Šostakovič, che aveva tratto dai Quartetti per archi.

“Fra i tanti direttori - ha raccontato Gabriele Mugnai, che come violista in Orchestra ebbe con il Maestro una speciale affinità - a me piace ricordare Rudolf Baršaj, che è stato uno dei più grandi violisti della storia. Invito tutti ad ascoltare la sua incisione della Sinfonia concertante di Mozart con Ojstrach… Era veramente uno strumentista magnifico! ”.

Lui ha lavorato a fianco di Šostakovič e poi noi abbiamo suonato e anche inciso le sue trascrizioni, che sono meravigliose. Aveva un carattere molto severo. E questa sua severità mi ha fatto bene, perché dà disciplina. Quando c’era lui, c’era molta attenzione e riusciva a tirare fuori di noi il carattere”.

(Gabriele Mugnai, prima viola dell'Orchestra Sinfonica di Milano)

Rudolf Baršaj aveva iniziato i suoi studi nel 1938 al Conservatorio di Mosca come allievo di violino di Lev Zeitlin, uno dei pupilli del celebre Leopold Auer. Dal 1940 proseguì nella viola con Vadim Borisovsky e nella composizione con Dmitrij Šostakovič. Successivamente studiò a Leningrado direzione d’orchestra con Ilya Mussin.

Nel 1945 fondò il Quartetto “Borodin” composto inoltre dalla moglie Nina quale secondo violino, Rotislav Dubinsky, primo violino, e  Mstislav Rostropovič al violoncello (presto sostituito da Valentin Berlinskys). Tutti erano ancora studenti, Baršaj si diplomò nel 1948 avevano già avviato una collaborazione con Šostakovič , che istruiva i musicisti ed eseguiva con essi, dal manoscritto, il suo Quintetto per pianoforte. Durante una prova Baršaj fece un errore: Šostakovič fu così felice dell'effetto da trascriverlo in partitura.
Nel 1953 si unì al Quartetto Čajkovskij formato Yulian Sitkovetsky. L’ensemble riscosse grande successo, ma la sua attività si concluse dopo solo cinque anni per la morte prematura di Sitkovetsky. Benché osteggiato dall’antisemitismo dell’epoca, Baršaj era intanto divenuto il principale solista di viola dell'Unione Sovietica, suonando uno Stradivari che era già appartenuto a Henri Vieuxtemps.

Nello stesso 1953, il 5 marzo, fu protagonista di un episodio fuori dal comune, tanto che ancora si tramanda. Baršaj stesso lo raccontò a Enzo Restagno in una intervista per il suo libro su Alfred Schnittke. Quel giorno era morto Stalin e a Baršaj fu data disposizione di recarsi con il suo quartetto alla Casa dei Sindacati. Lì, nella sontuosa Sala delle Colonne, il popolo sovietico aveva nel 1924 reso l’estremo saluto a Lenin. Nuovamente trasformata in camera ardente, sul palco per tre giorni e tre notti suonarono le cinque orchestre sinfoniche di Mosca, alternandosi col quartetto di Baršaj, il trio di David Ojstrach e il pianoforte di Emil Gilels. Durante le lunghe alternanze i musicisti riposavano nelle stanze attigue.

“Passai – ricorda Baršaj - delle ore giocando a scacchi con Ojstrach, che bisbigliava qualcosa di incomprensibile, ma mi sembrava di intuire che non fosse per nulla addolorato per la morte di Stalin. Ad un certo momento l’onnipresente funzionario di partito venne verso di me e ordinò al mio quartetto di seguirlo con strumenti, partiture e soprabiti. Era accaduto che lo stesso giorno, poco dopo Stalin, morì improvvisamente Prokof’ev. Attraverso un dedalo di corridoi e di scale, arrivammo in un cortile interno dove ci attendeva un’autoambulanza. Fummo fatti salire e attraverso una città impazzita giungemmo alla sede dell’Unione dei Compositori. Scendemmo dall’autoambulanza e davanti all’ingresso vedemmo un grande ritratto di Prokof’ev listato a lutto. Ci avevano portati da una veglia funebre all’altra e davanti al feretro di Prokof’ev suonammo per un’ora, quindi ci riportarono alla sala delle Colonne”.

Nel 1955 formò l’Orchestra da Camera, eseguendo con essa il celebre Quartetto n. 8 di Šostakovič, composto sull’impressione delle rovine di Dresda bombardata nel 1945. Nel 1960, con il consenso dell’autore, ne trarrà la Sinfonia da camera op. 110. Via via realizza poi le versioni del Primo, Terzo, Quarto e Decimo Quartetto, che intitola Sinfonia per orchestra d’archi. In questo periodo ha inizio la sua importante carriera internazionale come solista e direttore, specialmente in Inghilterra, dove registra vari album discografici. Intanto, a partire dal 1967, è insieme a Kyrill Kondrashin il protagonista della divulgazione della musica di Mahler in URSS. 
Il 29 settembre 1969 dirige a Leningrado, con l’Orchestra da Camera di Mosca, la prima esecuzione della Sinfonia n. 14 di Šostakovič. Šostakovič stesso aveva voluto annunciarlo in un articolo sulla “Pravda”: “Sono ancora totalmente preso dall’emozione che mi ha dato questo lavoro. Ho fatto sapere della mia sinfonia al direttore d’orchestra Rudolf Baršaj. La eseguirà l’Orchestra da Camera sotto la sua direzione, Spero che la prima esecuzione possa avere luogo all’inizio della prossima stagione dei concerti”. Dopo un’anteprima a Mosca, il 24 giugno, Šostakovič scrisse all’amico I. D. Glikman: “L’interpretazione è stata al massimo livello di perfezione. Baršaj e la sua orchestra sono strabilianti. La Sinfonia ha prodotto una grande impressione su chi era presente. Anche su di me”
Gli inviti a dirigere all’estero orchestre straniere venivano invece generalmente rifiutati dall'agenzia Gosconcert senza informarlo, a volte costringendo la MCO a suonare in tournée con direttori improvvisati. A metà degli anni Settanta Baršaj fece così domanda di lavorare all'estero per un anno: gli fu comunicato che aveva la scelta fra andarsene definitivamente o non uscire dall’URSS. Nel 1976 emigrò quindi in Israele, dove avrebbe lavorato con la Israel Chamber Orchestra fino al 1981. “All'improvviso – scrisse nel suo obituary il critico musicale di “The Guardian”, Tully Potter - divenne un uomo senza passato. Il paese in cui è nato lo ha rinnegato; il suo nome fu cancellato dai libri di storia e perfino dalle copertine dei suoi dischi, Il Quartetto Borodin e l'Orchestra da Camera di Mosca sono stati in tournée senza nominarlo nei loro programmi”.

Nel 1980 si stabilì in Svizzera, nei pressi di Basilea, con la terza moglie, la clavicembalista e organista Elena Raskova. Dalla seconda, Teruko Soda, aveva avuto il figlio Walter.  
Fra il 1982 e il 1988 fu direttore principale della  Bournemouth Symphony Orchestra,  direttore musicale della Vancouver Symphony Orchestra e direttore principale dell’Orchestre National de France, proseguendo una intensa attività concertistica con le maggiori orchestre internazionali e una vasta produzione discografica, in cui spiccano i cicli delle Sinfonie di Šostakovič e di Mozart. Nel 1988 dirige la London Philharmonic Orchestra per le musiche del film di Tony Palmer su Šostakovič, Testimony.

Nel 1993 ritornò in Russia per una trionfale esecuzione della Nona sinfonia di Mahler con l’orchestra della Radio di Mosca, esecuzione poi pubblicata in CD, come la successiva esecuzione dal vivo, in lingua russa, della Missa Solemnis di Beethoven. Nel 1994 diresse in mondovisione da Berlino il Requiem di Verdi. Acclamatissima fu tra il 1992 e il 1998 l’esecuzione delle 15 sinfonie di Šostakovič, eseguite con l’Orchestra della Radio tedesca. Nel 2000 presenta la propria versione della Decima sinfonia di Mahler, che nel 2003 registra vincendo il Cannes Music Award.

In questo quadro nel 2002 Baršaj, come si è ricordato, iniziava la sua collaborazione con la Sinfonica di Milano. Negli ultimi anni si ritirò a Basilea, sua ultima residenza, compiendo trascrizione dell’Arte della fuga di Bach. A Basilea morì il 2 novembre 2010. Nella Stagione sinfonica 2014-15, la sua versione della Decima di Mahler è stata nuovamente eseguita in Auditorium, direttore Gaetano d’Espinosa. 

Pasquale Guadagnolo

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