Il 21 settembre, in occasione della XXXII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, l’Orchestra Sinfonica di Milano ha preso parte alla rassegna “Cuore sempre, memoria a volte”, promossa dalla Cooperativa La Meridiana, con un evento dal titolo eloquente: “Voci che si incontrano: quando la musica diventa Memoria Condivisa”. Nel cuore del Paese Ritrovato di Monza, esempio unico di villaggio dedicato alla cura non farmacologica della demenza, andrà in scena un laboratorio corale intergenerazionale condotto da Maria Teresa Tramontin, direttrice di coro e musicoterapeuta, con protagonisti il Coro I Giovani di Milano e persone con Alzheimer e i loro caregivers.
L’evento segna l’inizio di un nuovo percorso: una serie di attività permanenti promosse dall’Orchestra Sinfonica di Milano, in cui la musica si fa strumento di cura, ascolto e relazione, in particolare per chi affronta quotidianamente le sfide della malattia.
La scienza lo conferma: la musica è memoria, identità, presenza
Negli ultimi due decenni, numerosi studi internazionali hanno documentato l’impatto positivo della musica — e in particolare del canto corale — sul benessere delle persone con Alzheimer.
Uno studio pubblicato nel
Journal of Aging and Mental Health (Särkämö et al., 2010) ha dimostrato che partecipare regolarmente ad attività musicali migliora la memoria episodica, l’umore e l’orientamento temporale nei pazienti con demenza lieve o moderata. Il beneficio, secondo i ricercatori, si estende anche ai familiari, con una significativa riduzione dello stress e del senso di solitudine.
Altri studi, come quello pubblicato su
MDPI - Journal of Personalized Medicine (Clement et al., 2021), mostrano che il canto in gruppo, anche in persone senza formazione musicale, può ridurre i sintomi depressivi, migliorare le funzioni esecutive e rafforzare la coesione sociale, elemento fondamentale nella lotta contro l’isolamento che spesso accompagna la malattia.
Nel 2024, il portale
Alzheimer-Riese ha riportato i risultati di una ricerca clinica condotta in Spagna, secondo cui la musicoterapia attiva (che prevede il coinvolgimento diretto del paziente nella produzione sonora) migliora in modo significativo l’umore e la reattività emotiva nei soggetti con demenza, rispetto ai trattamenti standard.
Esperienze che parlano, dall’Italia al mondo
Non si tratta solo di dati, ma di esperienze concrete, già in atto in molte realtà.
A Napoli, presso il CTO-Ospedali dei Colli, il progetto “Musica e Alzheimer” porta musicisti e terapisti direttamente nei reparti. “Abbiamo osservato pazienti che non parlavano da giorni unirsi al canto” — ha dichiarato un medico responsabile. Il progetto, partito nel 2023, è oggi parte integrante dei percorsi di assistenza non farmacologica.
Negli Stati Uniti, un’indagine condotta dall’American Alliance of Museums ha evidenziato che programmi artistici e musicali pensati per le persone con Alzheimer contribuiscono al miglioramento della qualità della vita, non solo dei malati ma anche dei loro caregivers. Al centro c’è il concetto di “well-being culturale”, che riconosce musei, orchestre e centri culturali come luoghi di salute oltre che di bellezza.
In Finlandia, il progetto “Singing Together” ha coinvolto più di 100 coppie (persona con Alzheimer + caregiver) in attività di canto corale settimanale per sei mesi. I risultati, pubblicati nel International Journal of Geriatric Psychiatry, parlano chiaro: miglioramento del tono dell’umore, della qualità del sonno e del senso di appartenenza alla comunità.
Un quadro globale è abbracciato dal rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tradotto in italiano dal
Cultural Welfare Center, le arti — incluse la musica, il canto corale, le arti visive e performative — hanno un impatto significativo sul ben-essere e la salute. L’analisi ha rilevato prove convincenti che le arti migliorano la salute mentale, riducono lo stress, promuovono l’inclusione sociale e possono contribuire a prevenire il declino cognitivo. Il rapporto sottolinea l’importanza delle politiche culturali integrate con il sistema sanitario per far sì che tali benefici diventino accessibili a tutte le comunità.
Un nuovo orizzonte per la musica sociale
Il progetto avviato dall’Orchestra Sinfonica di Milano si colloca in un orizzonte più ampio: quello della musica come pratica di cittadinanza e cura. Non si tratta di “intrattenere” chi soffre, ma di costruire contesti di partecipazione, riconoscimento e relazione, attraverso un linguaggio che supera le barriere della parola e del tempo.
Come suggerisce la ricerca condotta dall’Università di Ferrara (Sfera, 2021), le attività artistiche rivolte alle persone con Alzheimer possono incidere anche sulla percezione pubblica della malattia, contribuendo a ridurre stigma e paure.
In un’epoca che tende a frammentare e isolare, cantare insieme — anche quando la memoria vacilla — è un gesto potente di presenza reciproca. E forse, come ha dichiarato Maria Teresa Tramontin, “quello che resta, anche quando si dimentica tutto, è l’eco della voce che ci ha accolti”.