Valentina Trovato Con il direttore Michele Gamba come sta lavorando?
Marco Momi Michele Gamba non ha soltanto una sensibilità musicale spiccata, che apprezzo molto, ma ha anche colto l'ambizione di questo progetto così particolare. Non appena gli mandai alcuni fogli della partitura, subito raccolse la sfida. Abbiamo fatto una sessione di lavoro a Parigi, concentrandoci molto sulla partitura, dove dirigeva gli altoparlanti.
Con Mariangela (Vacatello NdR), invece, è stato realizzato un lavoro diverso, in quanto solista. Anche con lei ci sentiamo ormai quotidianamente.
Valentina Trovato Una sfida…in che termini?
Marco Momi Questo pezzo rappresenta molteplici sfide, per il pianoforte e per il tipo di pianismo: ricreare un’attitudine cameristica nel genere del concerto per pianoforte. Inoltre, c’è stato il desiderio di creare un lavoro caratterizzato da un’arcata molto lunga (32 minuti) che comporta anch’esso una sfida (per tutti, anche per l’orchestra). Ci sono momenti di respiro, ma non ci sono divisioni interne.
Poi, ci sono altre sfide, come quella relativa al mio rapporto con il suono (ibridato e aumentato). Alcune entità umane e molto presenti nella loro umanità (come pianoforte e orchestra), in questo pezzo, entrano in crisi nel loro rapporto con l’elettronica e portano in questo modo a una testimonianza della performance.
Valentina Trovato Qual è il suo rapporto con Schumann e con la forma del Concerto?
Marco Momi Nella mia vita esiste da sempre un rapporto con Schumann. È ben chiaro che prima di scegliere questo titolo ci ho pensato molto. Non c’è un riferimento diretto, non c’è alcuna citazione (post-moderna), però volevo cercare di incarnare questo duplice aspetto del pianismo di Schumann: da un lato la possibilità di restituire la meraviglia del gioco, dall'altro di restituire il ricordo della gioventù. Un ricordo poetico e lontano maturato con l’età. Tutto il pezzo è leggibile come un possibile racconto d’infanzia moderno.