Orchestra Sinfonica di Milano - Articoli

Pinocchio: intervista a Martina Carpi

Pubblicato il 04/02/2025

Lo spettacolo Pinocchio che andrà in scena nell’ambito della rassegna “Crescendo in musica” è un’occasione ghiotta per permetterci di approfondire la figura del compositore Fiorenzo Carpi, che per Pinocchio, celebre sceneggiato televisivo di Luigi Comencini del 1972, aveva scritto le musiche. Un musicista che l’Orchestra Sinfonica di Milano conosce molto bene, avendo registrato nel 2022 un disco dedicato proprio a Pinocchio e ad altre musiche di scena composte da Carpi.

Classe 1918, musicista e compositore tra i più interessanti della sua generazione, Fiorenzo Carpi rappresenta un modo d’intendere la musica distante dalle avanguardie del secondo dopoguerra (di cui fu grande esponente italiano, per esempio, invece, Luigi Nono). Figlio del pittore Aldo Carpi, il musicista milanese insieme ad altri colleghi andò a formare il gruppo della “Giovane Scuola”, che orbitavano intorno alla figura del compositore e didatta Roberto Lupi, autore di una teoria dell’Armonia gravitazionale. A questa nuova “scuola”, in una Milano ancora tutta da ricostruire, il 15 novembre 1945 all’Angelicum si tenne un concerto con musiche di Fiorenzo Carpi, Gino Negri, Roberto Lupi ed Ennio Gerelli. A questo gruppo di giovani musicisti si sarebbe aggiunto anche un altro nome, quello di Luciano Chailly (che avrebbe trovato una grande sinergia artistica con Dino Buzzati).

In particolare, il nome di Fiorenzo Carpi si legò al mondo del teatro e del cinema, scrivendo le musiche di scena di straordinari spettacoli e film, diventando financo l’alter ego di un altro grande nome del mondo teatrale, Giorgio Strehler, fondatore insieme a Paolo Grassi della Piccolo Teatro nel ‘45. 
Fiorenzo Carpi introdusse un’originale raffinatezza nel mondo della musica di scena e della colonna sonora.
con Giorgio Strehler

Tra gli innumerevoli spettacoli allestiti insieme a Giorgio Strehler, vanno ricordati capolavori come Arlecchino servitore di due padroni (1947), I giganti della montagna e La tempesta (1947-48), Il misantropo (1950-1951), Macbeth (1951-1952), Il giardino dei ciliegi (1954-1955), La storia della bambola abbandonata (1976-1977), Faust (1988-1992) e, poi, i lavori con Dario Fo, Luigi Squarzina, Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Franco Parenti, Giorgio De Lullo. Per il cinema, due nomi prima di ogni altro: Luigi Comencini (tra i tanti: Incompreso, 1966; Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano, 1969; Cercasi Gesù, 1981) e Louis Malle (Zazie dans le métro, 1959; Vie privée, 1962). 


Memore della lezione del suo Maestro, Ghedini, le sue incursioni nella musica popolare contribuirono a rendere particolarmente interessante il suo linguaggio, che coniugava la sperimentazione alla tradizione.



con Dario Fo e Violetta Chiarini


E, poi, Ugo Gregoretti, Florestano Vancini, Peter Del Monte, Patrice Chéreau, Carlo Mazzacurati, Tinto Brass, Salvatore Samperi. Per la Tv Fiorenzo Carpi firma altri capolavori: le musiche per I promessi sposi di Sandro Bolchi (1967), Melissa di Daniele D'Anza (1966), Diario di un maestro di Vittorio De Seta (1971).
Abbiamo incontrato Martina Carpi, figlia del compositore, per una chiacchierata intorno alla figura di un grande compositore purtroppo poco frequentato dalle programmazioni dei teatri o delle sale da concerto.

È innegabile che nel secondo dopoguerra si crea una sorta di gruppo, che in un concerto all’Angelicum viene chiamato “Giovane Scuola”. Suo padre, Fiorenzo Carpi, come ha vissuto questa sinergia con Ennio Gerelli, Roberto Lupi e Gino Negri? 
E inoltre, come si era creato il gruppo?
Mio padre Fiorenzo era molto giovane nel secondo dopoguerra (aveva 27 anni nel 1945), ma certamente questo periodo di formazione è stato molto importante. Per tutta la sua vita è stato unito da un grande legame d’amicizia a Gino Negri.
In quell’epoca, la formazione mirava ad aprire le menti e a dare i mezzi per poter fare cose diverse. Credo che mio padre abbia conservato per tutta la vita questa lezione. Questo viene confermato dal modo in cui è stato raccontato: un grande musicista colto, ma allo stesso tempo capace di interagire abilmente con le contaminazioni, in un periodo storico in cui c’era una divisione tra musica pura e altri generi.

Che tipo di rapporto esisteva con Gino Negri, altro compositore importante di quella generazione?
Erano molto amici, erano financo compagni di scuola al liceo. Mio padre era molto pigro e ha sempre avuto amicizie con persone, al suo opposto, molto dinamiche, come per esempio Negri per l’appunto, Giorgio Strehler, Dario Fo.

Mi è rimasta molto impressa la definizione che Lei dà di suo padre come un “musicista di lievità profonda”, qualcosa che ho sentito molto vicina a certe caratteristiche di Gino Negri e Nino Rota.
Certamente è vero. Tutti questi nomi fanno parte di una scuola musicale nata dopo il terribile periodo del Fascismo, conseguenza di quella straordinaria rinascita musicale e culturale avvenuta a Milano. Carpi, Negri e Rota sono tre artisti che hanno aderito alla possibilità di contaminazione musicale. Mio padre per esempio ha studiato a lungo le musiche popolari, un tema a cui aveva contribuito con le sue ricerche Roberto Leydi.

Immagino che parlando di canzoni popolari Lei faccia riferimento anche alle “canzoni della mala”.
Certamente, negli anni Cinquanta e Sessanta si sviluppa un grande desiderio di rinascita per la canzone d’autore (si pensi in Francia a Brassens, o in Italia a I Gufi). C’era la necessità di studiare la cultura popolare al fine di pensare a un genere per un pubblico non intellettuale.
Non avendo trovato musiche popolari che lo soddisfacessero, l’idea di Strehler di creare per Ornella Vanoni le canzoni della mala chiedendo a mio padre e a Gino Negri e a Dario Fo di scrivere queste canzoni è geniale.


Che rapporto aveva Fiorenzo Carpi con Giorgio Strehler?
Strehler è stato il suo più grande amico “artistico”. Strehler aveva una grande musicalità (NdR che si può percepire nei suoi spettacoli, non solo di opera lirica) e chiese a mio padre di scrivere le musiche di quasi tutti i suoi spettacoli (unica pausa nel ’68). Inoltre erano molto amici, non nel senso più banale della parola ma in quello più vero: in quegli anni l’amicizia aveva una forte dimensione di stima. Si stimolavano intellettualmente a vicenda (Strehler una volta disse a Carpi: “certe volte la tua musica, Fiorenzo, mi ha aiuto a individuare un punto che io non avevo chiaro”).

Secondo Lei quale spettacolo, nato dalla loro collaborazione, più di altri, mostra una connessione tra musica e scena più intensa?
Nel “loro” mondo sonoro c’è stata un’evoluzione. Ci sono stati dei meravigliosi spettacoli nati nei primi anni, penso per esempio al celebre Arlecchino da Goldoni, Le baruffe chiozzotte, Il Campiello, ma anche El nost Milan. In seguito, il loro linguaggio si è evoluto, come si può vedere nella Tempesta da Shakespeare. In quest’ultimo lavoro c’è una raffinatezza, una ricercatezza di suono incredibile.

Come si era sviluppato invece il rapporto con Comencini?
Per il cinema, forse il rapporto con Comencini è stato quello più importante. Come mio padre, anche il regista aveva una grande visione dell’umanità anche attraverso l’infanzia in modalità non retorica. Era in grado di raccontare i bambini dall’anima.

Pinocchio rimane uno dei grandi successi del mondo televisivo. Qual è l’elemento che ha catturato l’attenzione?
Secondo me è il più bel Pinocchio mai stato fatto, con temi musicali … sono musiche che partono da dentro, corrispondono a qualcosa che c’è in ognuno di noi.

Valentina Trovato

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