Nicola Piovani ha riassunto così il suo lavoro: “La colonna sonora è l’inconscio di un film.” È eloquente. E si può non applicare solo alle colonne sonore. È il caso del Requiem di Giuseppe Verdi, il suono dello spirito di Milano. È il suono del martello nella bottega nelle Tre Vie, è il rumore del tram che sferraglia a Cordusio, è il suono dei piccioni sui tetti di Brera, il canto delle lavandaie sul Naviglio. Il suono di una città che non dorme mai, il cui ritmo è scandito dal lavoro, dalla téchne, dal saper fare. E un milanese che sapeva fare era Romano Gandolfi (di adozione, perché era nato a Medesano, nel parmense), il padre del nostro Coro Sinfonico, di cui quest’anno ricorre il 90° della nascita. Un altro (lui sì, milanese doc) è Michele Gamba, musicista il cui cursus honorum è riassumibile in una sola parola: mestiere. Strumentista, pianista accompagnatore, pianista collaboratore, gavetta, affiancamento di grandi direttori. E a vedere concertare Gamba si ha quest’impressione: che sia tutto a portata di mano. Per portare un’orchestra da un punto A a un punto B c’è un percorso che è il più breve. E Gamba lo conosce, ed è lungo 150 anni, come l’età del Requiem di Verdi, il suono dello spirito della nostra città.
A causa di un’improvvisa indisposizione, il tenore Giovanni Sala ha rinunciato a partecipare alle recite del Requiem di Verdi.
Al suo posto canterà Francesco Demuro.