Per i luterani, Dio ha sempre un occhio sulla coscienza del fedele, non si scappa. La Riforma mette un forte accento sulla connotazione intima della fede. Tanto che, pensa un po’, non c’è bisogno di nessun sacerdote per parlare con Dio, esiste il cosiddetto “sacerdozio universale”, e ognuno può fare i conti con i propri peccati, in nome del principio del “libero esame”.
È un’introiezione del concetto di fede, che va di pari passo con un trend generale della Modernità, che da Cartesio va fino a Montaigne e passa, appunto, per Lutero: quella di ritornare al soggetto e alla dignità del suo sentire e del suo pensare.
È inevitabile che una pagina così profondamente intrisa di protestantesimo come il Deutsches Requiem di Brahms differisca così tanto dallo Stabat Mater di Rossini, proposto per la Pasqua scorsa, e presenti una spiccata natura intimistica, contemplativa, meditativa. Un concerto con cui il Direttore Musicale Tjeknavorian ci invita a stringerci con le nostre coscienze in un intimo raccoglimento attorno a una musica di eccezionale fattura.