Una storia senza tempo, eterna. Il soggetto tragico dell'Edipo Re aveva colto l'attenzione del grande Igor Stravinskij negli anni Venti, durante la sua fase 'neoclassica', e rappresentò la tragedia come una 'natura morta': "Desideravo lasciare la tragedia, come tragedia, dietro l'opera. Pensavo di distillarne con ciò l'essenza drammatica per essere libero di concentrare maggiormente l'attenzione su di una drammatizzazione puramente musicale". Stravinskij decise di affidarsi, per il libretto a Jean Cocteau (di cui era amico fin dai tempi delle prime stagioni parigine dei Ballets Russes) e a un'azione che fosse essenziale per lasciare spazio alla sua drammatizzazione. Sempre Stravinskij: "Tranne Tiresia, il Pastore e il Messaggero, i personaggi restano nei loro costumi e nelle maschere costruite. Si muovono solo le teste e le braccia. Debbono avere l'aspetto di statue viventi". Ben diverso era l'Edipo Re pensato da Ildebrando Pizzetti nel 1903 per il testo di Sofocle messo in scena da Gustavo Salvini: intenso e tragico, il Re infine discacciato dalla sua città, non rimane del tutto solo, il suo cammino è infatti accompagnato dall’unica persona che di lui sembra aver pietà e compassione, Antigone.