L’Occidente aveva sempre subito il fascino dell’Oriente nell’Otto e Novecento, come avevano ben imparato alcuni compositori, protagonisti di questo concerto: Ravel, Debussy e Rimskij Korsakov!
Una fascinazione che arriva da molto lontano e che nulla ha a che fare con gli studi di ricerca di Bartók o di Kodály (che studiavano le musiche popolari), ma piuttosto con il desiderio dell’uomo della ‘fin de siècle’ di spingersi in luoghi lontani e sconosciuti, con la mente e l’immaginazione. Qualcosa su cui Debussy aveva riflettuto a lungo nelle sue opere più intrise di simbolismo (come Prélude à l'après-midi d'un faune e Pelléas et Mélisande) e in La Mer, che rivoluzionò il linguaggio sinfonico dell’autore e che secondo Jean Barraqué rappresentò “un nuovo concetto formale, che si potrebbe definire come forma aperta”.
Quella medesima sensazione di ignoto e di ancestrale avrebbe colpito anche la musica di Ravel. In Pavane pour une infante défunte colpisce il recupero di una forma antica come la pavana nel restituire l’immagine del titolo che assume i contorni di un lontano ricordo, ovvero di una piccola principessa [una infanta] che danzò in una lontana corte spagnola. Parlando di “Oriente in musica”, non può mancare la mitica (in tutti i sensi) Sheherazade che sin dai primi accordi del violino solista di Luca Santaniello ci porta verso mondi sconosciuti e lontani e a conoscere attraverso i nostri sensi e le nostre emozioni la storia di Sheherazade, che incantò con i suoi racconti da Le mille e una notte il re Shāhrīyār.