Noi non facciamo musica classica.
Questa musica non è classica. O per lo meno, non da sempre. La musica che conosciamo come classica, prima di “diventare” tale, è stata avanguardia, e a comporla erano il più delle volte ragazzi giovani, senza una particolare certezza che piacesse, senza un’assicurazione sul fatto che riscuotesse successo.
Tutta la musica classica è stata contemporanea, ma non tutta la musica contemporanea diventa classica. Il tempo è magnanimo, e lascia ai posteri solo ciò che vale davvero la pena di ascoltare. Delle centinaia di compositori contemporanei a Mozart, la storia ne ha risparmiati ben pochi, e se la storia della musica ci appare così ben scandita dai grandi musicisti, è perché il tempo ripulisce il superfluo, ci risparmia ciò che non serve, elimina il ridondante.
C’è qualcuno che fa questo lavoro ancor prima che la storia intervenga, che svolge un complesso esercizio di identificazione della qualità mentre essa sorge. È Milano Musica, associazione custode del sacro fuoco della nostra arte, ovvero la ricerca, la sperimentazione, la spinta all’evoluzione del linguaggio, lo sviluppo di nuove forme espressive, ovvero far vivere il ricchissimo repertorio della musica d’oggi e del Novecento, svolgendo l’importante funzione pubblica di sostegno alla nuova musica.
Quella musica scritta da compositori di oggi che in comune con i classici hanno gli stessi dubbi, gli stessi turbamenti, le stesse forze contrastanti, la stessa vorace curiosità e la stessa implacabile voglia di conoscere, di spingere oltre, di rompere lo schema e rivoluzionare il parametro, di lasciare il segno nella Storia e di dare un contributo all’intera umanità, a partire dai propri coetanei. Così, Filidei accanto a Debussy, perché la storia, come insegna Vico, è fatta di corsi e ricorsi.
Andare a concerto, a volte, significa questo: contrarre la linea temporale, o curvarla, e trovarsi faccia a faccia col passato, come su un foglio piegato, non tanto per essere catapultati nel passato, quanto più per gettare Debussy nel presente, nel farlo parlare a Filidei e nel realizzare quanto siano, in fondo, simili.