Nella lingua è racchiusa la cultura. E il caso più eclatante è forse la parola tedesca “Beruf”. La parola che i tedeschi utilizzano per indicare la “professione” è la stessa che si usa per “vocazione”, evidente e plateale retaggio della riforma luterana, secondo cui, (come Bach insegna) per rendere gloria a Dio era necessario identificare un’attività e dedicarvisi anima e corpo. E’ il caso di Alfred Eschwé, il Kapellmeister par excellence, uno che si è dedicato alla musica per 75 anni della sua vita, che è divenuto testimonianza vivente di una tradizione profondissima e antichissima della cultura austriaca, punto di riferimento della musica europea e depositario di una storia tanto preziosa, che da Haydn, di cui propone la Sinfonia n. 94, arriva a Mozart, di cui dirige tre arie per soprano e orchestra, fino al Brahms meno teutonico che esista, che scende di latitudine e scrive una Serenata che ricorda le dolci sponde del Danubio, la n.1 op.11.
Il concerto di venerdì 21/02 è preceduto, alle ore 18.30, nel Foyer Balconata, dalla conferenza di Anna Rastelli dal titolo L’anima di Vienna. Haydn, Mozart, Brahms.
Vienna, la città che Haydn, Mozart e Brahms hanno scelto come patria di elezione, è il centro dell’universo musicale tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800. Dopo i successi londinesi, Haydn vi ritorna da patriarca della musica, grazie a sinfonie come La Sorpresa. Mozart stanco dell’ambiente bigotto di Salisburgo porta a Vienna il suo sogno di Opera italiana. Nel 1789, anno del Così fan tutte, mentre è solo a Vienna, tormentato dai dubbi sulla fedeltà di Costanze, Wolfgang compone le due arie Vado, ma dove? e Chi sa, chi sa qual sia. Brahms invece si stabilisce a Vienna quando ha più di trent’anni. Porta con sé la natura serena di giovane tedesco del nord nel cui linguaggio musicale, quello della Serenata op. 11, sono confluiti lo stile solare di Haydn, la limpidezza di Mozart, ma anche il vigore di Beethoven e lo sguardo profondo di Schubert.
L’anima di Vienna, insomma.